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Massimo Bellina (Cantine Pellegrino): “Come il lockdown ha cambiato il nostro modo di lavorare”

Iniziata la fase due, con tante attività che hanno riavviato i motori, abbiamo voluto ascoltare il punto di vista di un imprenditore per farci raccontare come è andato il lockdown e quali sono le prospettive future.

Di questo e molto altro abbiamo parlato con Massimo Bellina, export manager delle Cantine Pellegrino.

Massimo Bellina (Cantine Pellegrino): "Come il lockdown ha cambiato il nostro modo di lavorare"

Massimo Bellina (Cantine Pellegrino): "Come il lockdown ha cambiato il nostro modo di lavorare"

Pubblicato da Sicilia Oggi Notizie su Domenica 31 maggio 2020

Bellina, com’è cambiata la vita in azienda a seguito dell’emergenza Covid – 19?

Uno degli effetti è stato quello di cambiare la nostra mentalità lavorativa. In Sicilia siamo abituati ad un metodo di lavoro piuttosto tradizionale, dove si richiede ai dipendenti di venire in ufficio ogni giorno, di operare in un ambiente chiuso. Durante il lockdown, siamo stati costretti a ridurre al minino questo sistema.  Abbiamo dovuto studiare dei sistemi nuovi per mantenere i contatti con i nostri clienti in modo da salvaguardare la salute ma generare comunque un rapporto di confidenza con clienti che, nel caso dell’export, si trovano anche in Paesi molto lontani e in cui si stanno vivendo le stesse situazioni che viviamo qui in Italia.

Che cosa avete fatto?

Sfruttando lo smart working, abbiamo trasformato in eventi on line una serie di attività che generalmente svolgiamo in presenza. Abbiamo, ad esempio, organizzato delle cene a distanza negli Stati Uniti con 30 o anche 40 persone.  In collaborazione con dei ristoratori abbiamo proposto a delle persone negli Stati Uniti dei menù in abbinamenti con i nostri vini. Abbiamo concordato giorno ed ora e ci siamo seduti tutti a tavola alla stessa ora. In considerazione del fuso orario, per noi non è stato semplice ma il risultato è stato eccellente. Ognuno dei partecipanti alla cena ha trovato l’iniziativa interessante, è stato coinvolto in maniera diretta nel tasting dei vini, ha appreso molto di più di quanto magari avrebbe potuto apprendere in un incontro diretto. Grazie a questo, abbiamo ricevuto molte ordinazioni.

Questo per dire che non siamo rimasti inermi. Il lockdown non è stato un black-out d’idee ma, al contrario, abbiamo messo su iniziative che sono state molto utili.

Lo smart working rappresenta anche uno modo per abbattere i costi?

Abbiamo imparato a gestire meglio il nostro tempo e le nostre risorse. Lancio una provocazione: a che servono le fiere come il Vinitaly o il Prowine? A che servono le grandi organizzazioni che costano molto, che convogliano molte persone in uno stesso luogo nello stesso momento generando magari anche molta dispersione? Abbiamo capito che può essere molto più interessante concentrarsi su piccoli gruppi, non solo di affezionati ma anche di professionisti. Li possiamo far sedere attorno ad un tavolo, possiamo intrattenere conversazioni tecniche anche lunghe e variegate, possiamo riuscire a raccontarci meglio ed essere più convincenti piuttosto che incontrale in un ambiente chiuso,  in una fiera dove ci sono tante altre persone, dove tutto si disperde. E’ ovvio che c’è tutta una filiera che vive con le fiere di settore ma purtroppo questo virus ci ha dimostrato che possiamo e dobbiamo utilizzare le nostre risorse nel modo migliore per ottenere  i medesimi risultati.

Come imprenditore, che ne pensa dei provvedimenti presi dal Governo?

La mia personale opinione è che il Governo e, di conseguenza, il popolo italiano siano ostaggio dei virologi, medici rispettabili che in questi mesi abbiamo spesso visto alla ribalta, ospiti anche nei programmi d’intrattenimento, a volte anche con teorie diverse.  E’ chiaro che la politica, in una situazione del genere, ha dovuto affidarsi ai professionisti della materia ma forse le scelte operate sono state prese senza considerare le esigenze dell’economia. Ci sono aziende che hanno chiuso e non sappiamo se riapriranno.  Io credo che si doveva pensare a delle regole che, in un certo senso, fossero state più rispettose anche dell’economia e delle conseguenze create sul tessuto economico italiano che ora è in ginocchio. Stiamo registrando un calo del PIL da guerra.

Fra qualche settimana comincerà la vendemmia. Siamo pronti? Che tipo di vendemmia sarà?

Dal punto di vista della produzione, osservando le piante, si può immaginare un’ottima vendemmia. Ci sono invece molti interrogativi sullo sbocco successivo del prodotto. Le cantine si trovano in una situazione difficile, hanno molte giacenze e queste devono essere, almeno in parte, eliminate per far posto al nuovo prodotto. Ma come si può fare questo con il mercato ancora bloccato?

Il fatto che si siamo aperto parzialmente il settore HO.RE.CA. non significa che il mercato sia ripartito. Molti potenziali clienti sono ancora diffidenti, molte regole da applicare hanno fortemente penalizzato i ristoratori. Questo non agevola la ripresa. Si parla della possibilità di una distillazione di sostegno per impiegare così un 30-40% di prodotto eccedente.

Possiamo solo dire che se la situazione durerà ancora per qualche mese l’economia si riprenderà in un certo modo ma se molti continueranno terroristicamente a parlare di una seconda ondata come ineludibile,  questo creerà una situazione d’affanno e di tensione. Non ci possiamo godere nemmeno questo momento, in cui sembra che stiamo uscendo dalla pandemia, che già si pensa ad una seconda fase come peggiore della prima. Credo che, pur con le dovute cautele, dovremmo vivere in maniera normale ed affrontare il virus a testa alta.

Come vede l’economia locale?

Marsala non è un’isola, fa parte di una Nazione dove ci sono ancora delle criticità. Se vogliamo che Marsala e la Sicilia vivano bene, dobbiamo fare delle distinzioni. Credo che bisogna riaprire quelle Regioni dove il virus ha perso la sua battaglia e lasciare purtroppo ancora chiuso quelle dove oggi il Covid 19 rappresenta ancora un problema.

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