Nell’attuale situazione di emergenza, l’isolamento, la convivenza forzata, le restrizioni alla circolazione e l’instabilità socio-economica hanno esposto maggiormente le donne e i loro figli alla violenza domestica e assistita: lo confermano i dati Istat, secondo i quali le richieste telefoniche di aiuto sono aumentate del 73%rispetto all’anno scorso.
In questo contesto, quanto mai opportune appaiono le indicazioni date in materia di ordini di protezione contro gli abusi familiari dalla “Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”, per rendere il ricorso a questo strumento più agevole e, soprattutto, più sicuro per le vittime di violenza.
Le richieste di ordini di protezione contro gli abusi familiari, dato che riguardano diritti fondamentali della persona, rientrano tra quei procedimenti giudiziari che non si sono mai fermati, nonostante la pandemia. Si tratta di uno strumento di tutela delle donne vittime di violenza e dei loro figli fondamentale in sede civile: il giudice può disporre l’allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che abbia tenuto una “condotta pregiudizievole” (che abbia, cioè, commesso violenza, fisica o morale, nei confronti dell’altro coniuge o convivente, o che ne abbia limitato la libertà); inoltre, il giudice può adottare altre misure, come l’intervento dei servizi sociali, il versamento di somme per il sostentamento del coniuge o dei familiari etc.
Di solito, dopo che la vittima presenta il ricorso per l’adozione dell’ordine di protezione, il giudice emette un decreto di fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti, disponendo che ricorso e decreto vengano notificati a cura della parte ricorrente al coniuge/convivente maltrattante; quindi, dopo l’udienza, decide sulla richiesta dell’ordine di protezione.
Tuttavia, nell’attuale situazione di emergenza, caratterizzata da convivenza forzata e maggiore isolamento, la notifica al coniuge o al convivente maltrattante del ricorso con richiesta di un ordine di protezione e del decreto di fissazione dell’udienzapuò facilmente scatenare ulteriori violenze contro la parte richiedente, e questo, ovviamente, scoraggia il ricorso alla giustizia da parte delle vittime di violenza domestica.
Proprio per limitare tali rischi, la citata Commissione parlamentare ha sottolineato come in questo periodo sia preferibile che i giudici adottino gli ordini di protezione con il procedimento previsto dalla legge per i casi di urgenza.
In questi casi, il giudice, dopo aver eventualmente assunto sommarie informazioni (ad es. dai vicini di casa o da familiari che possano riferire sui fatti di violenza, oppure dalla lettura dei verbali di intervento delle Forze dell’Ordine), può adottare immediatamente l’ordine di protezione, fissando l’udienza di comparizione davanti a sé per la conferma, la revoca o la modifica del provvedimento, nel pieno contraddittorio tra le parti, entro un termine non superiore a quindici giorni.
Ciò è molto importante perché si salta il passaggio della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza e si evita, quindi, che la vittima sia esposta ad ulteriori violenze nel periodo che va da tale notifica alla data di adozione del provvedimento; inoltre, il giudice adotta immediatamente l’ordine di protezione e, solo dopo la sua esecuzione, vittima e maltrattante dovranno comparire in udienza.
In conclusione, questa è senz’altro una procedura più adattaa tutelare le vittime di violenza domestica ed i loro figli in questo periodo di convivenza e isolamento forzati: la speranza è quindi non solo che essa venga maggiormente utilizzata dai giudici, eventualmente “sollecitati” dagli avvocati, ma, soprattutto, che la conoscenza di questo strumento possa essere il più possibile diffusa tra coloro che sono bisognosi di tutela.
Avv. Camilla Alabiso