venerdì, Novembre 22, 2024
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Conseguenze giuridiche del Coronavirus sui rapporti giuridici. Intervista a Camilla Alabiso

Fra i tanti problemi che l’epidemia da Covid-19 ha comportato, vi sono quelli relativi ai rapporti giuridici che ognuno di noi intrattiene anche se non se ne rende conto. Ci riferiamo ai rapporti locativi ma anche agli acquisti di beni o di servizi.

Al riguardo abbiamo rivolto qualche domanda all’avv. Camilla Alabiso dello Studio Legale Alabiso. Quali sono le conseguenze giuridiche che l’emergenza sanitaria del Coronavirus ha causato? “ L’epidemia, oltre ad avere effetti devastanti da un punto di vista sanitario, sociale ed economico, ha causato gravi difficoltà nell’adempimento delle obbligazioni giuridiche e, in alcuni casi, ha reso impossibile o eccessivamente oneroso il loro adempimento. Il nostro codice civile prevede che se il debitore non esegue esattamente la prestazione dovuta, è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Il nostro Governo, a sua volta, ha stabilito con il decreto legge n.18 del 31 gennaio u.s. che il rispetto delle misure previste, dal precedente decreto legge n.6 del 23 febbraio, per il contenimento dell’epidemia (restrizioni alla libertà di circolazione e a quella di iniziativa economica privata), è sempre valutato per escludere la responsabilità del debitore in caso di ritardo o di inadempimento e, quindi, per evitare l’applicazione delle conseguenziali decadenze, delle penali o del risarcimenti danni. Quindi, si può affermare, che decreto legge ha introdotto una presunzione alla quale il debitore inadempiente potrà fare ricorso per giustificare il ritardo o l’inadempimento e, quindi, per evitare le conseguenze giuridiche di essi, ma avverso tale presunzione sarà ammessa prova contraria e, comunque, essa sarà valutata dal Giudice.​ Ovviamente se il rispetto alle misure restrittive decise dal Governo ha comportato solo un’impossibilità temporanea della prestazione, l’esenzione di responsabilità varrà solo per tale periodo e il debitore dovrà eseguire la prestazione residuata almenochè il creditore non vi abbia più interesse o era previsto un termine essenziale: in questi ultimi casi l’obbligazione si estingue. Nei casi in cui -aggiunge l’avv. Alabiso- si tratta di contratti con prestazioni a carico di entrambe le parti, le suddette restrizioni e, quelle, ancora più gravi introdotte con i tre decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8, dell’11 e del 22 marzo, (sospensione di attività commerciali e industriali), possono costituire un’impossibilità sopravvenuta o un’eccessiva onerosità delle prestazioni che comportano varie conseguenze le quali possono comportare la risoluzione del contratto. Più specificatamente, nel caso in cui le restrizioni dal Governo e, comunque, le conseguenze dell’epidemia, comportino una impossibilità, totale e definitiva, della prestazione, i commercianti, le aziende e le industrie, sono liberate dai loro obblighi, senza bisogno di un accertamento giudiziale e, ovviamente, non potranno chiedere le controprestazioni ma, anzi, dovranno restituire quanto nel frattempo ricevuto. In tale ipotesi rientrano i contratti di trasporto e quelli turistici per i quali si possono ottenere il rimborso del prezzo dei biglietti o un voucher di pari importo. Se, invece, l’impossibilità sarà solo parziale, i loro clienti avranno diritto a ridurre proporzionalmente le loro prestazioni o a recedere dal contratto, se non hanno interesse a ricevere la prestazione parziale. Nell’ipotesi in cui le restrizioni legislative e le conseguenze in genere dell’epidemia rendano non impossibili ma eccessivamente onerose le prestazioni dei suddetti operatori economici, come nel caso di contratti di locazione, essi possono chiedere all’Autorità Giudiziaria la risoluzione del contratto che l’altra parte può evitare offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”.

Allora cosa si sente di consigliare in via generale, avv. Alabiso? “ Fermo restando che si deve valutare caso per caso, ritengo, in generale, che sia conveniente raggiungere un accordo e che, comunque, ognuno debba tenere presente​che in un eventuale giudizio il giudice valuterà sempre la buona fede dei contraenti e, nel caso in cui nel contratto non sia stata prevista l’ipotesi, applicherà il principio di equità integrativa secondo il quale le parti sono obbligate non solo a quanto espresso nel contratto, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o, in mancanza, secondo gli usi e l’equità ”.

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