domenica, Novembre 17, 2024
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Coronavirus: 2000 è il numero del dramma, non dell’inquisizione

Inutile accendere candele ai balconi, cantare tutti insieme l’inno nazionale se poi scagliamo contro il soggetto X tutta la nostra paura che si rifugia nella ricerca disperata di un colpevole.

La chiamano peste, dicono che siamo in guerra, che sia stata studiata o che sia un errore, rassegniamoci al fatto che la verità non la sapremo; cerchiamo, piuttosto, di dare importanza solo a ciò che realmente accade. La comunicazione più efficace, oggi, è quella di far sì che il virus non trovi altri soggetti su cui attecchire, fino a sparire. Non importa chi lo ha portato in città, chi sono i parenti degli ammalati e, soprattutto, smettiamola di dare giudizi e fare inquisizioni. Tredici casi in provincia potrebbero moltiplicarsi a breve e si deve avere rispetto per le famiglie che vivono un dramma che, solo tre mesi fa, sembrava non ci riguardasse perché osservato come l’ennesimo spettacolo dell’altro capo del mondo.

Un numero di decessi che si aggira a circa 2000 vittime nel bresciano non dovrebbe lasciare spazio ad altri pensieri se non a quello di tutelarci, stando a casa e limitando qualsiasi forma di contatto. Adesso tocca a noi gestire questa emergenza e fare i conti con il tempo. Dopo tutto che ne sapevamo del significato di aspettare e portare pazienza per una risposta che non dipendeva da noi? Cominciamo ad impiegare questo tempo di riflessione su come riscattarci e gestire la ripresa perché, anche se non sappiamo quando, tutto passerà, lasciando il segno di un contagio senza precedenti che non ci potrà mai far dimenticare il dolore di queste perdite. Nello sconforto e nella paura di un nemico fantasma che ci ha attaccati, abbiamo riscoperto il senso di appartenenza alla nazione, alla fede, al contatto umano che stiamo cercando in ogni bizzarro modo. Sono principi unici, italiani, che ci contraddistinguono dalle altre culture. Mostriamo, allora, sensibilità e vicinanza onesta ai malati e alle loro famiglie, non serve puntare il dito contro, ma sostenere quella positività che ci permetterà di ripartire.

Antonella Lusseri

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