Il rugby come metafora della vita. Perché il rugby è conquista, responsabilità, educazione, rigore e rispetto anche dell’avversario, di chi in quel momento gioca a conquistare e raggiungere un buon risultato. Nel rugby si gioca per vincere ma soprattutto si impara a vivere mettendo in conto che la vita non è facile, che riserva degli imprevisti, che tutto si ottiene con impegno e fatica e sacrificio e che a volte, purtroppo, potrebbe anche non bastare. Alla vita con i suoi colpi di coda, con i suoi aspetti incontrollabili e le sue delusioni, alla vita instabile che pretende un equilibrio anche in quelle precarie giostre in cui non vorremmo esser saliti mai, a tutto questo hanno pensato gli inglesi che lo hanno inventato per formare gli ufficiali dell’esercito britannico e per insegnare loro ad avanzare, a conquistare il campo e a mantenerlo. E di riflesso dunque, insegna a non arrendersi, a cadere e a rialzarsi senza lamentarsi troppo perché “sei tu e soltanto tu il vero unico artefice della tua vita.” E ciò che a volte chiamiamo destino altro non è che una strada che deliberatamente abbiamo scelto di percorrere o di evitare.
Nel rugby non si delega, non ci sono scappatoie. Ogni giocatore è protagonista, artefice dell’azione e il posto in cui riesce a posare la palla, paradossalmente, non segna la fine della sua opera ma è la continuazione per mano e per conto e per volontà del compagno di squadra che raccogliendo quella benedetta palla ovale, la porterà alla meta.
Nel rugby si passa il testimone. Non ci sono egoismi e predomina la speranza che il nostro compagno faccia meglio di noi. E non è forse quello che speriamo o auspichiamo per i nostri figli? Che cioè facciano meglio di noi, che raccolgano la nostra eredità e portino a compimento ciò che a noi è stato impossibile.
Sigfrido Russo, Marco Quattrociocchi e Salvatore Inguì sono i fondatori della Scuola Rugby di Marsala “I Fenici” e nel nome spesso c’è tutto. “Nomina omnia” come dicevano gli antichi. I fenici erano navigatori ed avevano la capacità di unire popoli diversi facendo la spola fra i centri sulla costa e portando e prendendo usi e costumi oltre che mercanzie. L’ obiettivo del rugby è questo. Unire, dare e prendere e sono questi i valori educativi di questo sport ancora di più dello sport stesso.
Fra le strategie che l’allenatore Sigfrido Russo mette in atto per far comprendere questo tipo di insegnamento ai piccoli giocatori è dire al più esile di tutti di spostarlo. E allo sguardo stupito dei bambini è abituato dato che sembra (e lo è) un’ impresa impossibile provare a spostare un uomo di cento chili. Ma questo non è l’inizio. Passato il primo smarrimento comprensibile, l’allenatore chiede anche agli altri piccoli giocatori di aiutare nell’ impresa il loro compagno. E naturalmente grande sarà la loro soddisfazione quando si accorgeranno che diventa possibile spostare un uomo così pesante. L’ unione fa la forza e Sigfrido Russo può dire di essere riuscito in questo. Dimostra con l’esempio pratico che nulla è impossibile e che comunque bisogna provarci e almeno in partenza crederci veramente. Sostegno per raggiungere la meta dunque. L’ attenzione che i fondatori della squadra hanno nei confronti dei piccoli è dimostrata anche dagli incontri che tengono nelle scuole. Con Andrea Lo Cicero, capitano della nazionale italiana di Rugb e ambasciatore UNICEF, hanno fatto un giro nelle scuole chiedendo agli alunni quali fossero i loro obiettivi e i loro sogni, cosa desiderassero insomma. Con grande stupore si sono trovati davanti a risposte sconcertanti. I bambini non avevano mete da realizzare nel tempo e con il tempo. Aspettavano soltanto la paghetta per comprare videogiochi e amministrare più o meno bene i loro soldi. Mancano dunque le aspirazioni? anche i bambini si accorgono che viviamo un tempo difficile dove pensare al futuro diventa quasi un modo per farsi male per ricevere una delusione. Eppure, da che io ricordi, leggendo la Storia dell’uomo sulla Terra, non ci sono mai stati tempi facili. Ma l’uomo è sempre andato avanti munito forse dell’unica arma davvero efficace ovvero avere uno scopo nella vita, il desiderio di raggiungere una meta. I desideri dunque che muovono agitano spingono ad impegnarsi, ad avere dunque un obiettivo da raggiungere, qualcosa per cui valga la pena di alzarsi al mattino e lottare per realizzarlo. Insegnare ai ragazzi è ciò che ogni buon adulto dovrebbe fare. E nella vita cosa è più importante dell’avere avuto buoni maestri? È una fortuna, una vero miracolo talvolta avere buoni esempi da seguire.
Meta, sostegno e placcaggio. Questo è il rugby. Obiettivi da raggiungere e aiuto nei momenti di difficoltà. E pronta reazione se si cade. Ed è soprattutto lezione di vita, una sorta di preparazione agli inevitabili momenti “neri” a cui si vorrebbe sfuggire a cui probabilmente non si vuole nemmeno pensare. E così come quando l’avversario ti blocca e ti butta a terra nel rugby non è consentito di restarci per troppo tempo ma occorre rialzarsi senza lamentarsi troppo e proseguire per continuare a dare il proprio contributo, , facendo il proprio dovere. Nella vita funziona così. Trovare la forza in sé stessi è la prima regola per non soccombere. E se c’è l’aiuto è meglio ma tutto parte sempre dalla nostra volontà.
Con un protocollo di intesa stipulato con il Comune la squadra ha ottenuto l’autorizzazione ad usufruire del campo sportivo comunale due volte alla settimana anche se l’utilizzo è subordinato all’ esigenza del Marsala calcio che deve rispettare gli allenamenti indispensabili.
Per giocare nella squadra “I Fenici” occorre davvero pochissimo. È una associazione no profit che ha però progetti ambiziosi. Attualmente conta settanta tesserati e per iscriversi bastano dieci euro. E così come accade nel rugby degli adulti che dopo la partita nel cosiddetto “terzo tempo” vanno a bersi una birra insieme all’ avversario, i bambini prenderanno insieme un più adatto ed auspicabile succo di frutta.
Tiziana Sferruggia