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Sicilia:”Legge Fava”, quando la trasparenza discrimina


Domani 9 Gennaio 2019 alle ore 10.30 si terrà, presso la Sala Mattarella di Palazzo dei Normanni, il convegno “Liberi di associarsi” nel quale si discuterà sull’art. 18 della Costituzione. Di seguito proponiamo un breve viaggio storico che spazia dalla recentissima Legge Fava al liberticidio fascista contro le associazioni del 1925. Leggi non  uguali ma non completamente dissimili.

Nella seduta del 3-4 Ottobre 2018, l’Assemblea Regionale Siciliana sembra essere caduta nell’insidioso tranello dei ricorsi storici. In quella seduta è stata approvata la c.d. “Legge Fava”, la quale prende il nome da colui il quale l’ha voluta, ovvero il Presidente della commissione antimafia Claudio Fava, e prevede l’obbligo, per tutti coloro i quali ricoprano cariche politiche in Sicilia, di dover dichiarare nero su bianco, mediante apposito modulo, una eventuale appartenenza a logge massoniche.

Campanello d’allarme di un cattivo stato di salute democratico non è l’annullamento delle libertà, quello sarebbe per ovvie ragioni uno stato di conclamato deterioramento, bensì la pretesa del totale controllo su di esse. Pur mantenendole, pur elogiandole.

Se è vero, come buon senso e secolari pratiche culturali richiedono, che il pregiudizio non debba farsi da solo giudizio, bisognerà ammettere che tale legge lascia un po’ di amaro in bocca in chi alla libertà di associazione ci ha creduto e continua a crederci. Esiste infatti un articolo nella nostra Costituzione, l’attuale articolo 18, uno di quegli articoli importanti, uno di quelli che hanno fatto la storia, uno di quegli articoli creati nel momento in cui tutto era da rifare perché tutto era stato distrutto, pensato proprio per questo.

L’Articolo 18, ricordiamolo, sottolinea che i cittadini hanno il diritto di associarsi liberamente. Soltanto due tipologie associazioni non sono tollerate, ovvero quelle segrete e quelle paramilitari. Ricordiamo che la “massoneria ufficiale” non può essere considerata segreta poiché non ha mai rifiutato di comunicare la propria sede, i propri fini né di comunicare, laddove ve ne fosse la necessità, i propri iscritti.

 In quella che, all’indomani della catastrofe autoritaria e poi liberatoria, diventerà “la Repubblica dei partiti” si dedicarono alla stesura di questo articoletto, breve e forte, che ha il piglio delle emozioni sincere e durature, tanti umili servi del nostro Stato, riuniti nella c.d. “Prima Sottocommissione”, con il compito, ingrato e talvolta dai posteri calpestato, di occuparsi dei diritti e dei doveri dei cittadini. Per gratitudine, più che per necessità di ricordo, ne citeremo alcuni: il socialista Lelio Basso, il repubblicano Francesco De Vita, i comunisti Nilde Iotti e Palmiro Togliatti, i democristiani Giorgio La Pira e Aldo Moro.

Ebbene, allora vi era un paese che chiedeva di avere tutelati i propri diritti e per farlo andò oltre la politica, oltre il sentito dire, oltre le paure. Si, perché era chiaro a tutti, dopo venti anni di regime esisteva un velo di ignoranza che incuteva timore, ciò che sarebbe avvenuto negli anni successivi era imprevedibile, ma indirizzabile. Esattamente questo vollero fare i nostri padri costituenti, darci un’indicazione. Perché il legislatore può sbagliare, perché la libertà non può morire.

Nella seduta dell’ARS, tenutasi a Palermo il 3-4 Ottobre 2018, sotto l’auspicio delle migliori intenzioni, è stata votata favorevolmente una legge “per la trasparenza”, con la quale si chiede, con candore volteriano, ai politici siciliani di ogni fazione e grado di ammettere o negare la propria appartenenza alla massoneria.

Va sottolineato, per onestà intellettuale, che l’idea che anima la Legge Fava non è quella di vietare l’associazionismo, ma di renderlo manifesto, obbligatoriamente e coercitivamente. Si, ma a senso unico. La legge è uguale per tutti ma non vale per tutte le associazioni, ne basta una.

“Essere massoni non è un reato; essere massoni significa appartenere ad una associazione che fa dei principi costituzionali il fondamento del proprio agire”– sostiene, opponendosi al disegno di legge, l’Onorevole Eleonora Lo Curto (UDC) in sede di discussione- “direi che c’è un pregiudizio ideologico dietro questa ricerca della trasparenza. Perché se ricerca della trasparenza deve essere, lo deve essere come deputati, come legislatori, come uomini pubblici. Ma non certo nella dichiarazione d’appartenenza ad una loggia massonica”.

Sempre l’onorevole marsalese, rincara poi la dose ricordando che esiste già giurisprudenza in merito: “peraltro, come anche poco fa definito in sede di Conferenza dei Capigruppo, siamo stati tutti noi richiamati, Signor Presidente, all’osservanza di quelle che sono sia le norme costituzionali, sia il pronunciamento delle norme della Corte Europea nel merito, laddove ci sono state Regioni italiane che hanno approvato disegni di legge come quello che l’Onorevole Fava propone a questa assemblea”.

A rimarcare la questione costituzionale ci pensa anche Antonio Catalfamo (Fratelli d’Italia), il quale dichiara: “Cominciamo con l’articolo 18 della Costituzione che parla di diritto inviolabile ad associarsi, stabilendo solo due limiti: le associazioni segrete e le associazioni militari che abbiano finalità politiche. Ecco, in entrambi i casi non siamo in condizione di asserire che le associazioni massoniche rientrino in questi divieti, quindi anche gli associati massoni hanno gli stessi diritti di associarsi di tutti gli altri soggetti. Appare chiaro che questo disegno di legge viola palesemente ed incontrovertibilmente il combinato disposto dagli articoli 2,3 e 18 della Costituzione”.

Il dibattito procede a passo svelto e serrato, alcuni chiedono di modificarne una parte, altri si domandano il perché la trasparenza venga chiesta soltanto nei confronti di una sola associazione, altri si dicono favorevoli all’approvazione della legge nella sua interezza.

Ad un certo punto a squarciare quel cielo di carta che è divenuto il dibattito parlamentare, ci pensa Giancarlo Cancelleri(M5S). Il quale, quasi perplesso e arrabbiato, esprime, in barba alla Costituzione più bella del mondo, un pensiero leggero, breve, forse d’accusa, forse di noia: “ mi sarei aspettato che di fronte ad un tema così semplice, davvero così ovvio nella sua interpretazione e comprensione, ce ne fossimo occupati per un minuto, un minuti soltanto in quest’aula per dire che eravamo tutti d’accordo per approvarla immediatamente”.

Ne aveva già parlato Hannah Arendt e dice bene Cancelleri, è esistita ed esiste una banalità del male. Più è banale più colpisce, ecco spiegati i totalitarismi del secolo scorso. La semplicità è diabolica.

Comunque sia, la legge, sebbene con qualche minuto in eccesso, è stata approvata. Ma Fava rassicura che la sua non è discriminazione, soltanto curiosità, voglia di trasparenza. Forse, un giorno, magari dinanzi ad una tazza di caffè bollente,  a qualcuno potrà venire in mente, ma soltanto per sollazzo della curiosità,  se sia mai esistito persecutore che prima non abbia voluto censire i perseguitati. Ma non è questo il caso, il caffè si fredda.

Tutta questa vicenda fa venire, per il tema e non di certo per i modi, alla mente un momento della storia d’Italia dal quale tutti fuggono, eppure, cosa atipica tra i disertori ideologici, al quale tutti attingono come fosse un abbeveratoio. Ma si sa, l’acqua è arma ingenua e assassina, c’è a chi disseta e c’è a chi va di traverso.

“Ora, siccome la massoneria ci ha combattuto, ci ha vessato, ha tentato di dividerci e disgregarci, e in certe città è riuscita a creare un dissidentismo più idiota del solito, perché aveva queste origini subacquee, per tutte queste ragioni, se non ce ne fossero altre, noi siamo nel nostro pieno e sacrosanto e riconosciuto diritto di difendere e offendere, perché, come voi mi insegnate, spesso la miglior difesa è l’offesa!”– con rabbia urla in Parlamento Benito Mussolini, e chiosa dando seguito all’aria sprezzante di chi ormai può tutto “ adesso vediamo piangere come vitelli i soliti zelatori della libertà!”. Lo immaginiamo, piccolo e fiero agitarsi in aula.

Era il 16 Maggio del 1925, quelli a cui stava negando la libertà di associarsi e, quindi, di esistere, erano i massoni italiani. Tutta quella rabbia era rivolta principalmente verso un giovane uomo di 34 anni, esile in viso ma duro e fermo nelle sue idee, consapevole del pericolo crescente, forse impaurito, sicuramente convinto.

Era un Deputato del Partito Comunista che quel giorno tenne il suo primo ed unico discorso in Parlamento, si chiamava Antonio Gramsci. Non era massone, non è necessario esserlo per comprendere la pericolosità di alcuni atti, non era la libera muratoria che voleva difendere ma pretendeva di smascherare un regime.

“Il disegno di legge contro le società segrete è stato presentato alla Camera come un disegno di legge contro la massoneria; esso è il primo atto reale del fascismo per affermare quella che il partito fascista chiama la sua rivoluzione. Noi, – spiega Gramsci-  come partito comunista vogliamo ricercare non solo il perché della presentazione del disegno di legge contro le organizzazioni in generale, ma anche il significato del perché il partito fascista ha presentato questa legge come una legge rivolta prevalentemente contro la massoneria”.

E a proposito delle questioni banali citate in precedenza, aggiungeva: “noi siamo tra i pochi che abbiamo preso sul serio il fascismo, anche quando il fascismo sembrava fosse solamente una farsa sanguinosa ì, quando intorno al fascismo si ripetevano solo i luoghi comuni sulla psicosi della guerra, quando tutti i partiti cercavano di addormentare la popolazione lavoratrice presentando il fascismo come un fenomeno superficiale, di brevissima durata”.

Com’è ovvio l’intervento di Gramsci non fu di semplice svolgimento, venendo interrotto continuamente da Farinacci e da Mussolini. L’iter che portò alla messa fuori legge della massoneria non fu comunque immediato e non iniziò quel giorno. Già il 12 Gennaio del 1925 Mussolini aveva presentato alla Camera il disegno di legge sulla «Regolarizzazione delle attività e delle Associazioni, Enti ed Istituti e dell’appartenenza ai medesimi del personale dipendente dallo Stato, dalle provincie, dai comuni sottoposti per legge alla tutela dello Stato, delle provincie e dei comuni», il cui articolo 1 chiedeva alle associazioni, agli enti e agli istituti l’atto costitutivo, lo statuto, i regolamenti interni, l’elenco nominativo delle cariche sociali e dei soci e ogni altra notizia richiesta dall’autorità predetta per ragioni di ordine pubblico e sicurezza. Qui addirittura la massoneria non veniva neanche citata. Si inizia sempre con le migliori intenzioni.

Questa comunque è una storia diversa. Sempre italiana certo, ma un po’ più lontana nel tempo. E chi in questi mesi vi abbia, in minima parte e con scopi ovviamente differenti, inciampato su, siamo sicuri lo avrà fatto inconsapevolmente. Quando, però, si parla di diritti, bisogna sempre essere guidatori bene attenti, poiché è l’eterno gioco dei distratti far danno senza averne avuto l’intenzione.

Domani mattina, 9 Gennaio 2019 ore 10.30, a Palermo si terrà presso la Sala Mattarella di Palazzo dei Normanni il convegno “Liberi di associarsi” nel quale verrà trattato proprio il tema della libertà di associazione.

(Achille Sammartano)

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