Un anno fa, in una fredda alba di fine novembre, io, Matteo Salvini, pasionario leader della Lega e alcuni esponenti politici del suo movimento politico “popolar nazional italyan style”,partimmo da un grigio binario della stazione di Trapani alla volta del capoluogo siciliano. Tempo stimato circa 6 ore di farraginoso sferragliare della carrozza alla volta di Palermo. Con spirito stoico, quasi mistico, con un’abnegazione che rasentava la più rassegnata prosopopea in salsa siculo-padana, salimmo su un treno “vecchio e malandato”, ben decisi però a dimostrare quanto tempo (perso) ci sarebbe costato quel “viaggetto della speranza”.
E così, con un Salvini burbero quanto bastava per darsi un tono di gravità necessaria a diffondere di sè un’immagine credibile e seria, partii lasciando un pezzo di cuore sul binario trapanese, dato che, lo confesso, a me le stazioni mettono tanta malinconia. Attraversammo contrade, campagne, paesi e città prima di fermarci a Castelvetrano, città capolinea, città frontiera per così dire, dato che, il treno lì si è fermato e siamo dovuti scendere per salire su un autobus e raggiungere la tanto desiderata Palermo. Salvini, abbottonato nel suo giubbino nero Colmar, non perse occasione (giustamente) per sottolineare il penoso quanto disastroso stato della linea ferrata e i tempi biblici che occorrevano per collegare le due città della Sicilia occidentale. E che diamine! Sei ore, dico sei ore! per raggiungere Palermo, nel 2017, cose che neanche nel Terzo Mondo accadono o se accadono, almeno lì non c’è da stupirsi. Ma da noi, no. Da noi queste cose non possono più accadere. Ma che Paese civile è il nostro se per fare 100 km si deve salire su un treno, poi scendere, poi salire su un autobus e finalmente dopo 6 ore arrivare a destinazione? E così Salvini promise, a furor di popolo, nel bagno di folla che lo accolse alla stazione “Imperatore Federico” di Palermo, dove giungemmo a giorno fatto, ovvero dopo mezzogiorno, che questo “problema”sarebbe stato risolto. L’impegno di un uomo del nord “calato” in un territorio ” rassegnato” come il nostro e oramai avvezzo alle promesse pre-elettorali, ci parve il segno più tangibile di un cambiamento pret a porter, a portato di mano, ecco.
A oggi, martedì 4 dicembre, ad un anno dal viaggio che affrontai fra “mille perigli” con il barricadero Matteo Salvini, non ci sono notizie di provvedimenti sulla tratta Piraineto Cinisi Alcamo Salemi Castelvetrano Campobello Mazara Marsala Trapani. Non ci sono notizie di uno “studio di fattibilità” che non risulta neanche avviato. L’ammodernamento, la velocizzazione e l’eliminazione dei passaggi a livello che strozzano le città della provincia di Trapani creando inutili quanto incomprensibili ritardi alla viabilità cittadina, erano già stati chiesti nel 2016/2017 dall‘Area Vasta della Sicilia Occidentale ed è inserita nel Piano Regionale dei Trasporti. La discesa di Salvini al Sud, sembrò a noi buoni osservatori siciliani, foriera di cambiamenti o perlomeno, un punto di attenzione e focalizzazione verso la tanto vituperata tratta.
Salvini prima di andare al governo promise questo ed altro. Ma le promesse e i gesti teatrali non bastano. Sul binario, freddo e malinconico aspettiamo risposte.
Tiziana Sferruggia