I mafiosi che lo hanno rapito, strangolato e poi sciolto nell’acido e che per questo orrendo crimine sono già stati condannati in via definitiva, dovranno risarcire due milioni di euro alla famiglia. Giuseppe Di Matteo, all’epoca dei fatti, tredicenne, venne rapito il pomeriggio del 23 novembre 1993, in un maneggio di Piana degli albanesi da un gruppo di mafiosi che agivano su ordine di Giovanni Brusca, allora latitante e boss di San Giuseppe Jato. L’obiettivo era quello di intimidire il padre del bambino, Santino, che aveva deciso di collaborare con la giustizia. Il piccolo Giuseppe Di Matteo venne tenuto in vita segregato per 779 giorni, legato ad una catena. Il padre non ritrasse le sue dichiarazione e il piccolo venne strangolato da Enzo Chiodo ed Enzo Brusca, fratello di Giovanni, e il corpo fu poi disciolto nell’acido. Il giorno dopo il sequestro, ai familiari del ragazzo,venne recapitato un biglietto con la scritta “tappaci la bocca’’, chiaro segnale per il padre Santino, che aveva iniziato a rivelare i segreti delle stragi mafiose. Il pentito Gaspare Spatuzza, componente del commando che rapì il ragazzino nel 1993 ha svelato tutti i retroscena del terribile gesto.
Dovranno risarcire la famiglia i boss di Brancaccio Giuseppe Graviano, Benedetto Capizzi, Cristoforo Cannella, Francesco Giuliano,Luigi Giacalone e il pentito Gaspare Spatuzza.
Se la sentenza del giudice diventerà definitiva dovranno sborsare questa cifra, anche se dopo il sequestro dei beni sarà il fondo delle vittime della mafia a pagare.