Assolto in primo grado. Assolto in appello. Ci sono voluti più di 4 anni di “rito abbreviato” per prosciogliere il senatore di Forza Italia, Antonio D’Alì dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. L’assoluzione è arrivata per tutte le contestazioni successive al 1994, mentre per le accuse precedenti anche la Corte d’appello di Palermo ha confermato la prescrizione emessa in primo grado. Una prescrizione che però lascia un velo d’ombra sul passato del senatore che continuerà ad alimentare il “conflitto” fra innocentisti e colpevolisti. L’ex presidente della provincia di Trapani, ex sottosegretario di Stato del Ministero dell’Interno nel terzo governo Berlusconi e fondatore insieme ad altri del partito Forza Italia era stato rinviato a giudizio nell’ottobre del 2011 dalla Procura di Palermo. Nel maggio del 2012, viene deciso il processo con rito abbreviato. I Pm, tredici mesi più tardi, chiedono per D’Alì la condanna a 7 anni e quattro mesi per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Gup di Palermo Gianluca Francolini che, il 30 settembre, assolve il senatore dell’allora Pdl per i fatti successivi al 1994. Prescritti quelli precedenti. Per l’accusa il politico di centrodestra avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella gestione di appalti di opere pubbliche di rilievo; secondo gli inquirenti il collegamento del senatore con ambienti mafiosi sarebbe emerso in modo significativo nella vicenda relativa all’improvviso trasferimento del Prefetto di Trapani Fulvio Sodano, mentre quest’ultimo tentava di opporsi al tentativo di Cosa Nostra di rimpossessarsi di una azienda di calcestruzzi sequestrata al boss Francesco Virga. Dopo l’assoluzione in primo grado si è passati all’appello. Il processo è iniziato nel settembre del 2015. L’introduzione di nuove prove e il trasferimento di un giudice (con la conseguente nomina di un nuovo collegio) ha provocato un ulteriore prolungamento dei tempi. La parola fine al processo è stata scritta lo scorso 23 settembre.