L’equo compenso torna a essere tema di attualità. I professionisti sono d’accordo sulla necessità che venga applicata ai servizi di architettura e ingegneria, mentre l’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione) ha recentemente messo in luce delle perplessità, rigettando la palla al legislatore. Una nota dell’ANAC, infatti, inviata al ministero dell’Economia e delle Finanze e al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiede la disapplicazione dell’equo compenso per i servizi di architettura e ingegneria. A giugno la stessa Anticorruzione, attraverso un atto del presidente, aveva rilevato criticità attinenti al coordinamento tra la disciplina dell’equo compenso e il nuovo Codice degli appalti, rimettendo «la questione alla competente Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio, al fine di evitare pareri difformi e contenzioso».
«La questione è rilevante e necessita di tempestiva soluzione – questo il testo della nota di ANAC – È estremamente urgente un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni che possa consentire la corretta e uniforme applicazione della normativa di riferimento. In mancanza di diverse indicazioni interpretative Anac procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate».
«La nota diffusa da ANAC, ipotizzando la disapplicazione dell’equo compenso negli appalti pubblici per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria, rischia di cancellare gli sforzi profusi negli anni dagli Ordini professionali. Sforzi diretti a contrastare l’aumento delle gare fondate su un ribasso dei corrispettivi, che ha mortificato la dignità della nostra professione e fatto calare la qualità dei progetti – ha dichiarato Veronica Leone, presidente f.f. dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della provincia di Catania – La nota dell’ANAC potrebbe dar luogo nuovamente ad una corsa ai ribassi, vanificando anni di evoluzioni normative. La legge n.49/2023 sancisce in modo chiaro che le disposizioni si debbano adottare alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, non si può tornare indietro. Nei lavori pubblici ci si dimentica che il professionista svolge un lavoro intellettuale. Vogliamo che venga rispettata la dignità della nostra professione, e questo si può ottenere solo elevando la qualità delle prestazioni. Riteniamo che la libera concorrenza, intesa in questo modo, significhi libera mortificazione della professione».