INDAGINE A PALERMO, CATANIA E REGGIO CALABRIA
Etichettature con carta straccia e pennarello, pesce di ignota provenienzaspecie nei mercati rionali e storici. In tal maniera è stato violato in Italia il divieto di prelievo del sempre più rarefatto Pesce spada, il cui “teorico” bando doveva essere in vigore dal primo gennaio al 31 marzo.
Palermo e Catania sono le città ove più diffusa è stata la violazione di legge. Pesce spada, ma anche “neonata” di pesce. Quest’ultima, il cui divieto non conosce limitazioni temporali, è stata riscontrata in abbondante vendita fino a poche ore addietro nelle due città siciliane. In base alla normativa con la quale l’Italia ha recepito l’apposito Regolamento europeo (articolo 10, Regolamento UE 1154-2019) il Pesce spada si sarebbe potuto vendere solo con l’esposizione di specifici cartellini attestanti il luogo e la data del prelievo e la provenienza atlantica. Questo al fine di consentire la ripresa delle popolazioni mediterranee oggetto dell’attività dei pescherecci italiani. “Non si tratta – tiene a specificare il Gruppo Adorno – di una misura tesa ad affamare i pescatori. I pescatori onesti e rispettosi delle regole, infatti, sanno benissimo che la taglia del Pesce spada mediterraneo, sottoposto ad una pesca eccessiva, si sta progressivamente riducendo”.
Il Gruppo Adorno procederà ora con una dettagliata denuncia all’Unione Europea, corredata dalla mole di prove raccolte e chiedendo, com’è già avvenuto per l’attività venatoria, che il nostro Paese venga sottoposto a procedura d’infrazione per il mancato rispetto dei limiti previsti di legge e per la mancata tutela di una specie fondamentale per la salvaguardia della biodiversità marina.
L’associazione Gruppo Adorno, nata per il contrasto del bracconaggio terrestre e marino, opera costantemente denunciato le illegalità in danno della fauna selvatica.
SINTESI DELL’INDAGINE
Le indagini dei volontari del Gruppo Adorno si sono concentrate nel Sud Italia, ove più diffuso è il fenomeno, specie nelle città di Palermo, Catania, Reggio Calabria. I risultati del monitoraggio hanno del clamoroso. Salvo rarissime eccezioni è sempre stato trovato pesce fresco, a volte con cartelli che indicavano chiaramente la sua provenienza locale. Il venditore lo ha spesso dichiarato tale a richiesta del consumatore, mentre quasi mai il pesce era provvisto di corretta etichettatura, obbligatoria per legge, indicante l’area e il mezzo di cattura.
Il mercato che più si è contraddistinto per illegalità e gravissime irregolarità è stato quello della Pescheria di Catania, dove la vendita del Pesce spada privo di etichettatura spesso si accompagnava con quella della vietatissima neonata. A seguire quello di Ballarò ed alcuni mercati rionali palermitani. Infine diverse pescherie della città di Reggio Calabria, nella cui provincia alcuni supermercati hanno addirittura venduto come fresco del Pesce spada etichettato di provenienza mediterranea fino al 27 gennaio. Il che ha del miracoloso: ammesso che la pesca fosse avvenuta il giorno di San Silvestro (ultimo disponibile per il prelievo legale) il consumatore lo avrebbe acquistato come fresco ma di ben 28 giorni prima!
Il Gruppo Adorno ricorda inoltre come il pesce venduto senza i prescritti controlli espone il consumatore a gravi rischi per la salute. Il pesce spada, infatti, è un superpredatore ed accumula nel suo organismo metalli pesanti e altri pericolosi inquinati che possono nuocere gravemente per la salute umana. Circa i prezzi, basti sottolineare, a conferma del prelievo illegale, che nei mercati sono stati rinvenuti tranci offerti a poco più di dieci euro, quando un chilo di pesce certificato non viene mai proposto ad un prezzo inferiore di trenta euro.
Tutte le situazioni di palese illegalità fanno riferimento a centinaia di ore di attività dei volontari che hanno documentato il tutto con video e foto, inviando ben 16 esposti alle forze dell’ordine nei tre mesi di teorico divieto di prelievo del pesce spada. Le situazioni di illegalità sono purtroppo continuate anche nei periodi immediatamente successivi agli interventi di polizia, palesemente insufficienti a costituire un deterrente per una vendita illegale, per la quale il Gruppo Adorno stima in diverse migliaia gli animali prelevati illegalmente.