Martedì 19 dicembre, alle 21, al Teatro Massimo Comunale di Siracusa (via del Teatro, Ortigia), andrà in scena “Il Derviscio di Bukhara”, spettacolo scritto e diretto da Alberto Samonà: un viaggio, che attraverso narrazione, musica e danze sufi e persiane, conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente e dell’Asia Centrale, alla scoperta della spiritualità dei dervisci, di cui la città di Bukhara fu in vari periodi uno dei centri più importanti.
Narrazioni teatrali con Stefania Blandeburgo e Davide Colnaghi. Musica e canti sufi con Tito Rinesi & Ensemble Dargah: Tito Rinesi (voce, tamburo a cornice, saz), Piero Grassini (oud e voce), René Rashid Scheier (flauto ney) e Flavio Spotti (percussioni e voce). Danze dei dervisci e coreografie con Grazia Cernuto (danze persiane) e Amal Oursana (Samā, danze sufi). Il testo è del giornalista e scrittore Alberto Samonà. Produzione “Terzo Millennio Progetti Artistici”.
“Il Derviscio di Bukhara” è offerto dal Parco Archeologico di Siracusa, che lo ha voluto donare a Siracusa nell’ambito del programma di iniziative “Il Parco per la città”, grazie alla collaborazione con il Comune, che ha messo a disposizione il Teatro Massimo cittadino.
Lo spettacolo prevede un biglietto di ingresso dal costo simbolico di 1 euro. Le prenotazioni posso essere effettuate direttamente al botteghino del teatro, dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20, telefonicamente allo 0931 1791148, oppure 3345683715. Per info: direzione@teatrodellacitta.it.
Tra simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo, “Il derviscio di Bukhara” non è uno spettacolo teatrale, musicale o di danza, ma un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo che si dischiude in una dimensione senza tempo, ancorché antica di secoli. Un gesto di ringraziamento e al tempo stesso, una preghiera, proprio come il samā dei dervisci.
È un incontro fra tradizioni: la spiritualità dell’Asia Centrale, la danza sacra dei dervisci e quelle di più marcata influenza persiana, la musica sufi dell’area ottomano-turca e del vicino Oriente e le narrazioni circolari e rituali dell’Asia. Un incontro che è metafora di un viaggio lungo la “Via della Seta”, di cui la città di Bukhara fu tappa fondamentale, meta di viaggiatori di ogni provenienza che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva e congiunge, spiritualmente e culturalmente, Oriente e Occidente, fino al Mediterraneo.
Al centro della vicenda narrata c’è l’arte dei tappeti, che in questi luoghi si tramanda da sempre e che schiude alla conoscenza di antichi saperi. Ma è anche un racconto d’amore: fra i riferimenti e le fonti a cui si ispira lo spettacolo, infatti, vi sono fiabe e poemi orientali, fra cui la storia di “Leyla e Majnun” di Nizami Ganjavi, poeta persiano del XII secolo d.C. Il testo è, inoltre, arricchito dall’inserimento di racconti della tradizione del Sufismo.
Le armonie musicali e i canti patrimonio dei dervisci accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze sacre danno la possibilità di scoprire un universo sacro che congiunge il nostro piano con quello Divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, propria della tradizione dei cantastorie erranti d’Oriente.
“Il derviscio di Bukhara” può, dunque, essere considerato come la ricerca di un incontro con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.