Giulia, Concetta, Annalisa, Etleva, Marisa, Anna Elisa, Melina, Santa, Mariella, Vera, Giulia, Martina, Oriana, Teresa, Yana, Antonia, Sigrid, Giuseppina, Costantina, Iulia, Maria Febronia, Francesca, Zenepe, Sara, Brunetta, Danjela, Giulia, Agata….
Sono alcune delle donne che hanno detto “basta”, che hanno detto “no”.
Donne che trasversalmente da nord a sud, dal Veneto alla Sicilia, hanno cercato di ribellarsi alla violenza e per questo sono state punite definitivamente, uccise per mano di chidiceva di amarle ma che invece ancora una volta, per l’ultima volta, ha usato il proprio potere per sopprimere il desiderio di vivere una vita libere dalla violenza.
“La violenza maschile sulle donne è un fenomeno strutturale che va quotidianamente affrontato attraverso precise scelte politiche, nazionali e locali, finalizzate ad una concreta e programmatica azione di contrasto e alla promozione di una rivoluzione culturale, volta allo smantellamento di un sistema patriarcale che disconosce il ruolo politico delle donne” dichiara Anna Agosta, presidente dell’Associazione Thamaia.
“Noi donne dei Centri Antiviolenza lottiamo da sempre per contrastare ed opporci a questa costruzione sistemica della violenza maschile, lottiamo insieme alle donne per dare loro visibilità e per nominare quella violenza che ci vuole costrette nelle decisioni altrui” continua Anna Agosta.
In occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’Associazione Thamaia ha ideato una campagna di comunicazione che ha come protagonista Sant’Agata, una donna simbolo per la città di Catania.
Agata è la donna che, nel 251, è stata torturata e uccisa per essersi rifiutata di sottostare al volere del potere patriarcale, per aver detto NO a quel potere.
Sarebbe bello poter immaginare che una storia con un epilogo simile possa restare circoscritta al III secolo, eppure, all’alba del 106esimo femminicidio del 2023, tocca ammettere che non è così. Perché il femminicidio di Agata non è stato altro che un copione che si è ripetuto centinaia di migliaia di volte sia prima che dopo di lei, e che continua a ripetersi.
“Di Agata, troppo spesso assunta soltanto a simbolo di purezza, noi, donne di Thamaia, rivendichiamo invece la forza e la tenacia di opporsi a un potere patriarcale e oppressore che con tutti i mezzi ha cercato di piegarla. In questo ci riconosciamo in lei e riconosciamo in lei un simbolo della nostra lotta”, prosegue la presidente Anna Agosta.
In quanto donne catanesi, in quanto operatrici quotidianamente impegnate in una lotta incessante contro la violenza maschile sulle donne, sentiamo tutta la potenza di Agata e di ciò che lei rappresenta” continua Anna Agosta.
Come Agata, e per tutte le nostre sorelle uccise, violate, vittimizzate, noi diciamo NO. Lo facciamo oggi, lo abbiamo fatto ieri, lo faremo domani. Lotteremo incessantemente per il diritto di ognuna a dire NO senza che questo debba più costarci la sicurezza, la libertà, la vita.
Non vogliamo repressione e controllo, vogliamo essere libere di essere libere!