Alle prime ore di stamattina, a Villabate, i militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo, hanno dato esecuzione a 4 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto, disposti d’urgenza dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione.
L’indagine, convenzionalmente denominata “LUCE”, è il risultato di un’articolata manovra investigativa coordinata dalla Procura Distrettuale di Palermo e condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo, che, dopo l’esecuzione dell’Operazione CUPOLA 2.0., ha documentato la manovra di riassetto posta in essere da elementi di vertice di “cosa nostra” tornati in libertà dopo aver scontato le pene a cui erano stati condannati definitivamente.
Il complesso delle investigazioni ha consentito di acquisire un quadro indiziario grave, idoneo ad evidenziare le condotte penalmente rilevanti in ordine alla ricostituzione formale della famiglia mafiosa di Villabate, caduta in disgrazia e “sciolta” per effetto della collaborazione con la Giustizia di Francesco COLLETTI, che ne era divenuto il capo grazie alla manovra di ricostituzione della Commissione Provinciale documentata dall’inchiesta Cupola 2.0.
All’indomani della ricostituzione formale della famiglia mafiosa e della sua riaffermazione forte sul territorio, venivano altresì acquisiti gravi indizi di colpevolezza in ordine a plurimi episodi estorsivi, diretti in danno di importanti realtà imprenditoriali locali, posti in essere al fine di soddisfare le esigenze di sostentamento degli affiliati, soprattutto di quelli reclusi.
L’indagine, pertanto, ha documentato una strategia di riconquista del consenso della popolazione attraverso:
– una “pacificazione” con gli operatori imprenditoriali e commerciali economicamente più fragili;
– la limitazione della criminalità predatoria indiscriminata;
– il controllo dello smercio al dettaglio di stupefacenti nel comune di Villabate.
L’operazione di oggi, che ha subìto un’accelerazione conseguente al pericolo di fuga di un indagato, restituisce un quadro in linea con altre recenti misure cautelari eseguite nel capoluogo, ovvero quello di una “cosa nostra” affatto rassegnata a soccombere ma impegnata, attraverso il continuo richiamo alle proprie regole fondanti, a riorganizzare le proprie fila per proporsi sul territorio con maggiore credibilità e autorevolezza.
È doveroso rilevare che gli odierni destinatari del fermo sono, allo stato, solamente indiziati di delitto, seppur gravemente, e che la loro posizione verrà vagliata dall’Autorità Giudiziaria nel corso dell’intero iter processuale e definita solo a seguito dell’eventuale emissione di una sentenza di condanna passata in giudicato, in ossequio al principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza.