Il 4 novembre del 1922, per la prima volta dopo millenni, l’archeologo Howard Carter scoprì il primo gradino della tomba di Tut-Ankh-Amon, il “sovrano bambino” salito al trono a soli nove anni e morto appena diciottenne. Cento anni dopo quell’evento che riscrisse la storia, – giovedì 1°dicembre alle ore 17.30 alla Mondadori di piazza Roma a Catania – la scrittrice Annamaria Zizza presenterà il suo romanzo “Lo Scriba e il Faraone”, edito da Algra. A dialogare con l’autrice ci saranno il giornalista Pasquale Mimmo Almirante e l’italianista Loredana Pitino; le letture saranno invece affidate a Marcella Zizza. «Questo anniversario sarà l’occasione dopo mesi, per tornare a parlare del più celebre faraone della storia – racconta l’autrice – In questo periodo, infatti, sono stata molto impegnata nella scrittura del mio secondo romanzo, all’apparenza un seguito ma di fatto un libro a parte, che sarà edito fra due mesi circa».
L’episodio del ritrovamento del luogo di sepoltura del faraone egizio viene ripercorso con cura fra le pagine del libro della Zizza, anche se di fatto l’opera si snoda attraverso due linee temporali diverse: una legata al XIV secolo a.C durante il Nuovo Regno, in cui si narrano gli anni di formazione del giovane principe Tut-Ankh-Aton, poi Tut-Ankh-Amon, sotto la guida del maestro Menthuotep. L’altra, invece, si concentra sul 1922, quando la spedizione finanziata dal mecenate inglese Lord Carnarvon rinvenne nella Valle dei Re la tomba del sovrano e i suoi ricchi tesori. Molti sono i misteri e le curiosità che nei secoli si sono rincorsi, alimentando leggende attorno al mito del “faraone bambino”, fino ad arrivare all’arguta lettura che ne dà l’autrice catanese, parlando nell’opera del ritrovamento di alcuni papiri, in grado addirittura di sconvolgere la storia dell’umanità.
Docente d’Italiano e Latino al liceo classico “Gulli e Pennisi” di Acireale, Annamaria Zizza si appassiona alla scrittura appena sedicenne, ma è dieci anni fa che inizia la stesura del suo primo romanzo. Nel frattempo è autrice prolifica sulla rivista di settore “Mediterraneo Antico” e scrive numerose poesie che per lei diventano occasione di riflessione sul genere umano. Di recente una delle sue liriche è stata selezionata e inserita nell’antologia del premio “Giovanni Pascoli- L’ora di Barga”. «L’amore per il mondo antico e le civiltà del vicino Oriente ha sempre fatto parte della mia vita – spiega la scrittrice – A casa mia c’erano molti libri da leggere e a me la storia è sempre piaciuta, anche se il libro che per primo mi ha fatto appassionare all’Egitto è stato senza alcun dubbio “Civiltà sepolte” del giornalista tedesco Kurt Wilhelm Marek, noto con lo pseudonimo di C.W Ceram. In seguito è stata la lettura del testo “La cospirazione di Tutankhamon” degli inglesi Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald e del volume “I segreti dell’Esodo” dei fratelli Messod e Roger Sabbah a tracciare la strada che avrei dovuto percorrere». Per le sue ricerche la Zizza ha attinto alle opere di molti studiosi, come i saggi di Aldred, Grimal, Desroches Noblecourt, oltre agli scritti degli italiani Donadoni e Moschetti. «Il mistero è un elemento che ha giocato un ruolo-cardine nella stesura del testo. Ancora oggi si conosce molto poco della XVIII dinastia a cui appartenevano Akhenaton, suo figlio Tut-Ankh-Aton, Ay e Horemheb, personaggi realmente esistiti e che appaiono all’interno dell’opera. Si pensi addirittura che molte mummie, come quella di Akhenaton e della grande sposa reale, Nefertiti, non sono state di sicuro ritrovate. Aggiungo, inoltre, che la ricostruzione fatta da Collins e Ogilvie-Herald nel loro libro, circa il ritrovamento di alcuni papiri nel sarcofago del faraone con rivelazioni in grado di cambiare la storia di Israele, del Sionismo e delle religioni monoteiste, mi ha interessato particolarmente. La questione era stata ripresa anche da un articolo del “Times” degli anni Venti; inoltre lo stesso Freud in un suo celebre saggio parlava già delle origini egizie di Mosè, quindi ho pensato che potesse essere una strada interessante da percorrere». Insomma, un racconto avvincente che non smette mai di riservare colpi di scena al lettore, in cui la ricostruzione dei personaggi non è mai scontata e dove l’unico protagonista realmente inventato dall’autrice, lo scriba Menthuotep, è perfettamente calato nel suo tempo. A lui, uomo semplice con un vissuto doloroso alle spalle, si demanda il compito di parlare di amicizia e di memoria raccordando di fatto le due dimensioni temporali.