L’imprenditore marsalese Michele Licata, re degli alberghi di lusso della provincia di Trapani, è stato rinviato a giudizio dal gup Sara Quittino e il processo inizierà il prossimo 25 settembre. L’imprenditore cinquantaquattrenne era stato travolto da una indagine innescata dalla Guardia di finanza coordinata dall’allora procuratore al tribunale di Marsala, Alberto Di Pisa (a cui subentrò dopo Vincenzo Pantaleo) e dal magistrato Antonella Trainito, per evasione fiscale, truffa allo Stato e malversazione. Per questi reati, lo scorso 2 dicembre era stato condannato a 4 anni, 5 mesi e 20 giorni. Il rinvio a giudizio di ieri, 20 giugno, invece riguarda un procedimento scaturito dal primo processo che ha coinvolto anche sei componenti della sua famiglia. Questa volta le accuse addebitate sono auto-riciclaggio, ricettazione e violazione finanziaria. Nel 2015 aveva subito il sequestro di alberghi, ristoranti, beni mobili e immobili e denaro e titoli per un valore di 130 milioni di euro. Nel primo filone di inchiesta finirono anche le due figlie dell’imprenditore Licata, Clara Maria e Valentina. Da ulteriori approfondimenti invece è emerso che Licata, per evitare altri sequestri, avrebbe coinvolto i suoi familiari intestando loro somme di denaro sottratte ai suoi conti correnti. Nell’inchiesta sono dunque finite ( finora ne erano rimaste fuori) la moglie Vita Maria Abrignani, la madre Maria Pia Li Mandri e la figlia Silvia. ora invece, per reato di ricettazione dovranno rispondere anche la figlia Valentina e il genero Roberto Cordaro.
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