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Comitato progetto Lavi: Morte Lavinia Marano, perizia di Appello si tratta di colpa grave

Lavinia doveva morire
“…eccellen’ssima corte… perché dover trovare per forza un responsabile in questa triste vicenda…la povera sig.ra Marano era des’nata a morire! Qualunque cosa…sarebbe stata inu’le! …l’elemento morte non si poteva evitare!”
Queste le parole dell’Avv.ssa Daniela Agnello durante l’udienza del 17 aprile 2024, riportate da numerosi tes=moni. Daniela Agnello difende Onofrio Triolo, condannato in primo grado ad un anno di reclusione per l’omicidio di Lavinia Marano.
Daniela Agnello, ci chiediamo, Lavinia era des=nata a morire perché lo aveva deciso qualcuno? Ce lo siamo chies= tante volte, perché ci è sempre sembrata assurda una ges=one del genere ed è sembrata assurda e surreale a tuK i medici e professori che hanno redaLo le perizie in ques= ul=mi seLe anni e mezzo.
A parte la discu=bile strategia difensiva, prima di fare un commento facciamo qualche passo indietro e ricordiamo come siamo arriva= fino a qui:
Nel 2018 il gup di Messina Tiziana Leanza ha rinviato 10 sanitari a giudizio per l’omicidio di Lavinia: Si traLa del responsabile dell’Uoc di Ginecologia ed Ostetricia Onofrio Triolo,
dei medici in servizio presso il reparto Antonio Denaro, Tomasella Qua3rocchi, Vi3orio Palmara, Roberta Granese e Rosario D’Anna, dell’anestesista in servizio presso il
reparto Pasquale Vazzana, delle ostetriche Angelina Lacerna Russo e Serafina Villari, dell’infermiera Maria Grazia Pecoraro.
Durante il processo di primo grado, appaiono subito eviden= le responsabilità degli imputa= e più di tuLo appare chiaro che Lavinia era entrata in ospedale sanissima, che i sanitari avessero provocato l’emorragia e che il loro incredibile operato avrebbe portato alla morte Lavinia 10 ore dopo. Il Prof. Mariano Iaccarino – Primario Ostetrico Ginecologo Emerito ASL Napoli -, dirà: “Lavinia Marano aveva il 95% di probabilità di sopravvivenza se i sanitari non avessero operato con imprudenza, imperizia e colpevole ritardo.”
Per questa ragione Il Giudice monocra=co doL.ssa Rita Sergi emeLerà una sentenza di condanna per quaLro medici al termine del processo di primo grado, leggiamo alcuni passaggi:

“…deve osservarsi come non si possa certamente prospeGare la sussistenza di una colpa lieve, per i sanitari Denaro Antonio, Triolo Onofrio, Granese Roberta e Palmara ViGorio, la cui condoGa imprudente e negligente non ha in alcun modo tenuto conto della specificità del caso concreto…”
“Di contro certamente imprudente ed imperita deve ritenersi quella dei sanitari Triolo, Palmara e Granese di non procedere all’immediata asportazione dell’utero a fronte della persistenza dell’emorragia…”
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predeR trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tuGo inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malaRa e alle condizioni del paziente, si da determinare la nega’va evoluzione della patologia.”
I sanitari operano in modo marcatamente distante dalle linee guida ma anche dalla logica, dal buon senso, dall’umanità e dal mero intento di salvaguardare una vita, ancora di più la vita di una madre:
“I sanitari in premessa, ben coscien’ dei rischi della patologia, la cui gravità era già evidente non hanno preso le necessarie inizia’ve, adoGando un aGeggiamento aGendista cui è ricollegabile la morte della persona offesa e che inizia con la presa in carico della paziente, avendo essi a disposizione tuR gli elemen’ di conoscenza necessari.”
“…il primario Prof Triolo ed il doG. Palmara, che si allontanavano dal reparto, pur consapevoli della gravità delle condizioni cliniche della Marano e della mancata efficacia del disposi’vo endouterino, che, di faGo, non aveva arrestato l’emorragia.”
Nello specifico del soggeLo difeso da Daniela Agnello, lo stesso confesserà in TV di essersi allontanato lasciando Lavinia in condizioni gravissime, peraltro in presenza di medici che non erano in grado o non volevano operare.
Al termine del processo di primo grado, il Giudice condannerà quaLro medici:
“Vis’ gli arG. 53 e 535 c.p.p., riconosce Triolo Onofrio, Palmara ViGorio, Denaro Antonio e Granese Roberta, colpevoli del reato ascriGo loro in rubrica e per l’effeGo li condanna alla pena di anni 1 di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali.”
Poi è la volta dell’appello, e della recente perizia redaLa dal DoL. Franco Carboni e il Prof. Stefano De Pasquale CeraK:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condoGe sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai DoGori Denaro, Palmara e Granese e tali condoGe
devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia

Marano.”
Nesso di causalità: “Il nesso di causalità è definibile come il rapporto di causa ed effeLo che sussiste tra l’azione (o la condoLa) e l’evento”
Quindi in altre parole le azioni e le condoLe di Triolo insieme a Palmara, Granese e Denaro hanno causato la morte di Lavinia; noi riteniamo che siano responsabili tuK gli imputa= ed abbiamo chiarito più volte perché, e che la pena debba essere sensibilmente più altra di un anno perché causare la morte di una giovane madre con così tanta leggerezza è sacrilego oltre che criminale, peraltro con=nuando a lavorare come se nulla fosse accaduto, senza scusarsi con nessuno e provando a farla franca in tuK i modi possibili.
Una futura mamma entra in ospedale sana e felice, ne esce in una bara dopo ore di agonia a causa dell’operato di medici e sanitari che causano l’emorragia e poi la lasciano morire, lascia un figlio orfano e una mol=tudine di amici, paren= e conoscen= sgomen= e le parole dell’avvocatessa Daniela Agnello sono: “…perché dover trovare per forza un responsabile in questa triste vicenda…la povera sig.ra Marano era des’nata a morire! Qualunque cosa…sarebbe stata inu’le! … l’elemento morte non si poteva evitare!”
Bisognerebbe scusarsi, meLersi in ginocchio come quando si va in chiesa e pen=rsi, e invece…
Le affermazioni di Daniela Agnello hanno prodoLo sen=men= is=n=vi, ma il contegno ha avuto la meglio; l’educazione che contraddis=ngue i paren= e gli amici è emersa, e ciò che è rimasta è stata solo una profonda pena.
In ques= anni abbiamo sen=to il frastuono di mille parole, svaria= personaggi si sono alterna= sul palcoscenico della gius=zia, che sembra non fare più gius=zia a nessuno; nostro malgrado abbiamo capito sulla nostra pelle che nell’interpretare un ruolo talvolta si perde la dignità della forma, l’opportunità del silenzio, l’educazione e il rispeLo minimo e indispensabile, ci si tramuta in qualcosa di poco umano e così ci vengono alla mente le parole di Franco BaKato:
“Non li s=mo, non li rispeLo”
“Vede, sto bene con me stesso.
Vivo in questo posto meraviglioso …
Dalla veranda del mio giardino osservo il cielo, il mare…le nuvole, gli uccelli, le rose, i gelsomini, …
Alla vista di cer= personaggi, mi vien voglia di impugnare la croce e l’aglio per esorcizzarli.
C’è un mutamento antropologico, sembrano uomini, ma non appartengono al genere umano, almeno come lo intendiamo noi: corpo, ragione e anima.

Quando li osservo muoversi…mi vien voglia di cambiare razza, di abdicare dal genere umano.
C’è una gran quan=tà di personaggi che sento estranei a me ed è mio diriLo di ciLadino dirlo: non li s=mo, non li rispeLo per quel che dicono e sono.
Non appartengono all’umanità a cui appartengo io…”

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