Il Dott. Franco Carboni e il Prof. Stefano De Pasquale Ceratti hanno da poco depositato la perizia nell’ambito del processo di Appello per la morte di Lavinia Marano avvenuta nel 2016 presso il reparto di ostetricia del Policlinico Universitario di Messina, diretto a quel tempo da Onofrio Triolo. Ricordiamo che la sentenza di primo grado portò alla condanna di quattro medici individuando la colpa grave.
Nella nuova perizia i periti confermano la morte per shock ipovolemico, come sostengono le parti civili da anni, riconoscono il nesso causale tra operato dei medici e la morte di Lavinia:
“Dunque, appaiono censurabili, per imprudenza, le condotte sopra esposte, poste in essere dal Prof Triolo e dai Dottori Denaro, Palmara e Granese e tali condotte devono essere poste in nesso di causalità con il decesso della Signora Lavinia Marano.“
Affermano che se si fosse operato correttamente Lavinia si sarebbe salvata:
“Ciò avrebbe dovuto condurre, con la massima solerzia, ad un intervento di legature arteriose o di isterectomia in tempo utile, prima che la situazione divenisse incontrovertibile.
Ciò avrebbe determinato, con ottime possibilità, il salvataggio della vita della Signora Lavinia Marano.”
I periti denunciano fatti estremamente gravi, non ultimo l’aver abbandonato Lavinia in una situazione di gravità estrema, consapevoli dell’emorragia in corso e senza prima aver verificato la risoluzione della stessa:
“Dunque, deve ritenersi censurabile, per imprudenza, la condotta posta in essere, in quel momento specifico, dal Prof Triolo, dal Dottor Palmara e dalla Dott.ssa Granese, che ritenevano terminato il loro compito a fine intervento, tornando apparentemente ciascuno ad altre occupazioni…”
Questa situazione, in un contesto in cui la diagnosi era chiara (emorragia post partum dovuta ad atonia uterina), esistendo presidi medici e chirurgici efficaci ed in presenza di linee guida e protocolli che se seguiti portano facilmente alla soluzione positiva del caso configura la colpa grave senza alcuna ombra di dubbio, come è stato descritto nelle motivazioni della sentenza di primo grado che riportiamo di seguito:
“Sussiste nel caso in esame una colpa grave dei sanitari predetti trovandoci di fronte ad una scelta medica, posta in essere oltre che in modo non conforme alle linee guida, del tutto inadeguata e marcatamente distante dalla necessità di adeguamento alle peculiarità della malattia e alle condizioni del paziente, si da determinare la negativa evoluzione della patologia.”
Allora perché, dopo tutto quello che è stato confermato anche da quest’ultima perizia, i periti stessi che individuano nei fatti la colpa grave, concludono incredibilmente con la seguente inspiegabile affermazione?
“…non è possibile ravvedere, nell’operato degli imputati sopra menzionati, elementi di colpa grave.”
La nostra attenzione non può che andare allo scudo penale per i reati riconducibili alla colpa lieve, appena introdotto e che sarà valido fino al dicembre del 2024. Innumerevoli rinvii per arrivare a febbraio 2024 con una perizia che nonostante i contenuti inequivocabili che confermano la colpa grave se non il dolo, ma si conclude con una ‘sentenza’ di colpa lieve proprio in coincidenza dell’approvazione dello scudo penale.
Una giovane madre è morta a causa dell’operato scellerato di sanitari che hanno avuto dieci ore per applicare dei presidi che le avrebbero salvato la vita ma che non lo hanno fatto, essendo pienamente consapevoli del loro operato; queste persone devono prendersi le proprie resposabilità e accettarne le conseguenze; nonostante l’inspiegabile conclusione della perizia di Appello, la giustizia e chi la amministra non può sbagliarsi, in questi casi la giurisprudenza individua la colpa grave senza alcun dubbio.