Per la prima volta da quando esistono le
statistiche di settore, le vendite all’estero della manifattura
siciliana vanno a gonfie vele e superano il 50% del valore dell’export
dei prodotti petroliferi raffinati, che da sempre rappresentano la
preponderante voce della bilancia commerciale dell’Isola.
Infatti, in una congiuntura internazionale negativa – tra guerre, tassi
alti, cambi sfavorevoli e calo della domanda di carburanti e di chimici,
in cui persino la “locomotiva” Lombardia si è fermata ad un modesto
+1,64% e l’intero Paese a +1,04% – , nel terzo trimestre di quest’anno,
rispetto allo stesso periodo del 2022, l’export della Sicilia è
cresciuto in tutti i settori, tranne, appunto, i prodotti petroliferi
raffinati e i chimici.
Così, secondo l’elaborazione dell’Osservatorio economico di Unioncamere
Sicilia, il totale dell’export regionale viene falsato e registra una
perdita del 16,72%, scendendo da 12,4 a 10,3 miliardi, ma questo solo a
causa del crollo dei prodotti petroliferi raffinati (-23,25%, pari a -1
miliardo e 933 milioni) e dei prodotti chimici (-33,96%, pari a -302
milioni), Invece, analizzando il resto dei settori, il saldo fra terzo
trimestre 2022 e terzo trimestre di quest’anno è positivo per 157
milioni (+4,75%), crescendo da 3 miliardi e 230 milioni a 3 miliardi e
387 milioni.
Fra i settori a maggiore dinamismo, la Sicilia ha fortemente contribuito
alla copertura del fabbisogno energetico nazionale con un boom di
petrolio greggio e gas naturale (+15.390,56%) e di carbone (+223%). Fra
gli altri principali incrementi, si osservano gli apparecchi elettrici
(+76%), i macchinari (+26%), le provviste di bordo (+46,95%), i prodotti
del trattamento rifiuti (+72,90%), i minerali metalliferi (+143,80%), i
prodotti della silvicoltura (+101%), i prodotti delle attività
artistiche e di intrattenimento (+25,64%), i prodotti delle altre
attività di servizi (+100%).
Coerentemente con questo scenario, è aumentato l’export di tutte le
province siciliane, tranne le tre condizionate dalle attività di
raffinazione: Siracusa, -26,91%, Messina, -10,69%, Ragusa, -15,53%.
Tutte le altre riportano una percentuale positiva: Catania, +9,56%;
Trapani, +24,96%; Palermo, +12,67%; Agrigento, +35,76%; Caltanissetta,
+63,90%; Enna, +93,85%.
“L’analisi dei dati – commenta Pino Pace, presidente di Unioncamere
Sicilia – conferma che l’economia siciliana ha decisamente imboccato la
strada della transizione ecologica e digitale e che è possibile
costruire un modello di sviluppo alternativo al petrolio e basato sulla
decarbonizzazione, investendo sul turismo tutto l’anno, sulla produzione
agroalimentare, sulla mobilità green e sulle fonti alternative, sulle
nuove tecnologie a servizio di una manifattura sempre più attrattiva”.
“Nonostante la siccità e gli incendi – aggiunge Santa Vaccaro,
segretario generale di Unioncamere Sicilia – c’è una incoraggiante
ripresa dell’export dell’agricoltura (+7,55%), nonché della pesca
(+11,21%) grazie all’aumento della domanda dai mercati del Nord e alle
innovazioni nel settore della trasformazione del pescato. Bene anche la
vendita di legno, carta e loro prodotti (+3,15%). Tutti segnali di un
ritorno in chiave innovativa e competitiva alle attività legate alla
natura, che è la prima risorsa della nostra Isola”.