lunedì, Novembre 18, 2024
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In prima assoluta al Teatro Biondo di Palermo invisibili di Aurélien Bory

Venerdì 20 ottobre, alle ore 21.00, debutterà in prima mondiale al Teatro Biondo di Palermo lo spettacolo invisibili di Aurélien Bory, una produzione del Biondo e della Compagnie 111 – Aurélien Bory, in coproduzione con Théâtre de la Ville-Paris, Théâtre de la Cité – Centre dramatique national Toulouse Occitanie, La Coursive scènenationale de La Rochelle, Agora Pôle national des Arts du cirque de Boulazac, Le Parvis scène nationale Tarbes Pyrénées, Les Théâtres de la Ville du Luxembourg, La Maison de la Danse de Lyon, Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa.

Repliche a Palermo fino al 29 ottobre; dal 5 gennaio intournée a Parigi, La Rochelle, Lione, Boulazac Isle Manoire, Ibos, Torino.

Il progetto, le scene e la regia di invisibili sono di Aurélien Bory. In scena le danzatrici Blanca Lo VerdeMaria StellaPitarresiArabella ScalisiValeria Zampardi e i musicisti Gianni Gebbia e Chris Obehi. Le musiche sono di Gianni Gebbia e Joan Cambon, le luci di Arno Veyrat.

Aurélien Bory, coreografo e regista francese di fama internazionale, da sempre affascinato dalle contaminazioni linguistiche e culturali, realizza uno spettacolo che nasce dalla sua “infatuazione” per la città di Palermo.

invisibili è il risultato di diversi sopralluoghi del regista in città, di incontri con cittadini e artisti, di riflessioni sull’arte, la storia, le bellezze e le contraddizioni di Palermo. Si tratta di uno spettacolo multidisciplinare di teatro, musica e danza, che a partire dal Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis e da altre suggestioni legate alla città di Palermo, sviluppa un percorso poetico sulla funzione dell’arte, ma anche uno scavo sull’attualità, sulle relazioni, l’identità e la complessità del contemporaneo.

«A Palermo – spiega Bory – l’invisibile risiede nelle tracce sui muri, nelle strade, ma anche nei canti e nei gesti tradizionali degli artisti che incontro. La storia di Palermo è attraversata da importanti sconvolgimenti, cambiamenti di paradigma provocati a più riprese da molteplici capovolgimenti, le cui tracce hanno finito per confondersi. Nel cuore del Mediterraneo, tra l’Africa e l’Europa, Palermo è un crocevia di miti antichi e racconti moderni. Ho intravistoallora la possibilità di uno spettacolo che possa svelare questi spazi invisibili. Ho immaginato un fondale che riproduce il Trionfo della morte nelle sue dimensioni reali, sei metri per sei. L’affresco rappresenta la peste bubbonica, flagello della storia che ha duramente colpito la città di Palermo. Mal’opera non tratta solo della morte, raffigurata al centro come un impressionante scheletro dalla risata sardonica, in groppa al suo cavallo emaciato, mentre è intenta a scoccare le sue frecce a piacimento e quasi per caso. Si tratta piuttosto della sua rappresentazione. Il pittore ci ricorda che l’arte non esisterebbe senza la consapevolezza della morte e che ricorriamo alle rappresentazioni per parlare di ciò che rimarrà per sempre a noi sconosciuto.

Naturalmente ho immaginato l’affresco nel contesto attuale, che esprime i flagelli della nostra epoca: le morti dei migranti, la guerra, le catastrofi naturali. Sulla tela sono rappresentati artisti, musicisti, danzatrici… Sono esattamente gli artisti che ho incontrato per primi a Palermo. Innanzitutto Gianni Gebbia, sassofonista di fama internazionale, che ha lavorato con grandi artisti. Poi Chris Obehi, cantante nigeriano che ha iniziato la sua nuova vita a Palermoarricchendo il suo repertorio con canzoni in lingua siciliana. E infine le danzatrici, che ho voluto vedere come le figlie di Pina Bausch: Valeria Zampardi, Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi. Con loro l’affresco al centro della scena si anima e, attraverso la loro danza, assume un’altra dimensione. Per gli artisti l’immagine costituisce uno spartito drammaturgico vertiginoso, un insieme di scene invisibili che si offrono alla recitazione, a condizione che le si guardi ancora una volta, prima che l’affresco si sgretoli definitivamente e scompaia per sempre».

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