(Adnkronos Salute) – Anziani italiani ad alto rischio solitudine. Il 15% – ovvero più di 2 milioni della popolazione con 65 anni o più – vive in condizioni prossime all’isolamento sociale. In una ‘settimana normale’ non incontra, né telefona a qualcuno, e non partecipa ad attività con altre persone in punti di incontro o aggregazione. Una situazione di solitudine che influisce sulla salute: quasi il 90% di chi vive una condizione di isolamento ha una percezione negativa dello stato di benessere. Sono i dati della sorveglianza Passi d’Argento (PdA) coordinata dall’Istituto superiore di sanità (Iss), raccolti nel biennio 2021-2022 per offrire una fotografia delle condizioni degli anziani nel nostro Paese, e ribaditi in occasione della Giornata internazionale delle persone anziane 2023, in calendario il 1 ottobre.
L’isolamento sociale arriva a coinvolgere quasi 1 anziano su 3 in certe realtà regionali. Forte la differenza geografica a sfavore delle Regioni del Sud d’Italia (20% contro il 10% nel Nord e 14% al Centro). Una condizione che può incidere notevolmente sulla qualità della vita. La comunità scientifica, studi e letteratura internazionale lo individuano come uno dei fattori di rischio anche per la demenza. Per stimare il rischio di isolamento sociale, PdA fa riferimento sia alla frequentazione di punti di incontro e aggregazione (come il centro anziani, la parrocchia, i circoli o le associazioni culturali o politiche) che al fatto di incontrare o telefonare a qualcuno per fare quattro chiacchiere e si considera a rischio di isolamento sociale la persona che in una settimana normale non ha svolto nessuna di queste attività. Analizzando gli aspetti specifici che definiscono la condizione di assenza di relazioni sociali emerge che il 16% degli ultra 65enni non incontra nessuno e il 76% non partecipa ad attività sociali aggregative di nessun genere.
Il rischio di isolamento sociale coinvolge in egual misura uomini e donne, ma è più frequente tra chi ha un basso livello di istruzione (24% contro il 10% fra persone più istruite) e maggiori difficoltà economiche (28% contro 12% fra chi non ne ha). L’analisi mette in evidenza che, a parità di condizioni socio-demografiche (età, difficoltà economiche, livello di istruzione, presenza di patologie croniche e area geografica di residenza), l’isolamento sociale è significativamente associato a una percezione di cattiva salute (+89), insoddisfazione della propria condizione di vita (+75), a condizioni di disabilità e sintomi depressivi (+200), ospedalizzazione (+49%), perdita di autonomia nella attività strumentali della vita quotidiana (+21%). Inoltre l’isolamento sociale è associato a inattività fisica (+27%) e a una cattiva alimentazione (+21%).
L’isolamento sociale – indica il Rapporto – negli anziani ha anche un impatto significativo sulla società nel suo complesso, aumenta la richiesta di servizi sanitari, di assistenza a lungo termine e di supporto sociale, imponendo una pressione finanziaria considerevole sui sistemi sanitari e sociali. Nell’ambito della partecipazione alle attività sociali la sorveglianza esplora diversi aspetti che si intersecano e si sovrappongono fra loro e che contemplano anche la dimensione economica (svolgimento di attività lavorative retribuite), l’offerta di aiuto o accudimento di familiari, amici o conoscenti oppure attraverso attività di volontariato) e quella culturale (come la frequentazione di corsi di formazione per la propria crescita individuale).
L’attività lavorativa retribuita è poco frequente, coinvolge solo l’8% della popolazione anziana ed è prerogativa di chi ha un titolo di studio più alto: arriva al 10% tra chi ha almeno la licenza di media superiore e scende al 3% tra chi al più la licenza elementare. Il 27% degli anziani intervistati rappresenta una risorsa per i propri familiari o per la collettività: il 18% si prende cura di congiunti, il 13% di familiari o amici con cui non vive e il 4% partecipa ad attività di volontariato. Questa capacità/volontà di essere risorsa è una prerogativa femminile (31% fra le donne contro il 23% negli uomini) ed è minore fra le persone socio-economicamente svantaggiate, per bassa istruzione o scarsa disponibilità economica.
Solo il 4% della popolazione anziana frequenta un corso di formazione (lingua inglese, uso di dispositivi elettronici o percorsi presso università della terza età). Il gap tecnologico può portare a un maggiore isolamento sociale, poiché gli anziani potrebbero perdere l’accesso a servizi online, comunicazioni con familiari e amici, la gestione di appuntamenti medici e il monitoraggio delle condizioni di salute. L’isolamento sociale è un fattore di rischio multifattoriale che può avere un impatto importante sulla salute fisica e mentale, sulla qualità di vita e sui costi sociali. È inevitabile che le politiche e gli interventi di salute pubblica si concentrino sulla prevenzione e sulla gestione dell’isolamento sociale per garantire una migliore salute e benessere agli anziani e per ridurre il costo sociale associato a questa sfida crescente. È sicuramente necessario creare una società inclusiva in cui gli anziani possano continuare a contribuire in modo significativo e trarre beneficio da un ambiente sociale e tecnologico in evoluzione.