Prosegue con successo il Segesta Teatro Festival, calendario di arti performative con la direzione artistica di Claudio Collovà, in programma finoal 4 settembre all’interno del Parco Archeologico di Segesta diretto da Luigi Biondo, fra il Teatro Antico, il Tempio di Afrodite Urania e i comuni limitrofi, circondati da vigneti e colline, Calatafimi Segesta, Contessa Entellina, Custonaci, Poggioreale e Salemi.
Gli appuntamenti dal 16 al 18 agosto mettono ben in evidenza due delle linee guida che attraversano tutta la programmazione: la contaminazione dei linguaggi espressivi e il rapporto fra produzione contemporanea e testi classici.
Martedì 16 agosto arriva al Segesta Teatro Festival una delle più autorevoli realtà della danza contemporanea nazionale e internazionale, la Compagnia Zappalà Danza. Al Teatro Antico (ore 19.00) il coreografo e regista Roberto Zappalà si confronta con Ludwig van Beethoven in La Nona (dal caos/il corpo), nuovo tassello del progetto Transiti Humanitatis. La celebre sinfonia che Beethoven compose con l’animo rivolto a un ideale di pacificazione universale, dopo le guerre napoleoniche che avevano distrutto l’Europa, nello spettacolo di Zappalà è eseguita nella trascrizione di Liszt per due pianoforti.
In scena, insieme ai due pianisti Luca Ballerini e Stefania Cafaro e a dodici danzatori della compagnia, Corinne Cilia, Filippo Domini, Anna Forzutti, Alberto Gnola, Marco Mantovani, Sonia Mingo, Gaia Occhipinti, Fernando Roldan Ferrer, Silvia Rossi, Joel Walsham, Valeria Zampardi, Erik Zarcone, anche il soprano Marianna Cappellani.
È sempre a partire dal corpo e dalle sue “storie” che Zappalà propone una riflessione sull’uomo e sull’umanità, sulla sua condizione di perenne conflitto e sulle speranze di solidarietà e fratellanza universale. L’umanità in transito è un’umanità in movimento; movimento è il contrario di immobilità, di immutabilità, di idee assolute e di assenza di dubbio. Il movimento è laico, come lo spirito di Beethoven e della sua musica. E la laicità del pensiero e dei comportamenti è alla base della creazione. L’umanità che danza nello spettacolo è un’umanità che si sviluppa da un processo di accumulazione, da un caos primordiale – come dice il compositore Salvatore Sciarrino a proposito del primo movimento della Sinfonia – da una pluralità di intrecci e microstorie conflittuali e ‘negative’ che sfociano, nella seconda parte, nella pacificazione dell’adagio e nella gioia finale del quarto movimento.
«Accostarsi alla Nona di Beethoven, anche in questa versione da “camera”, è accostarsi alla Musica per eccellenza – si legge nelle note di regia di Zappalà – E se la musica non può fare a meno del silenzio, il silenzio è anche il primo e ineludibile passo dell’ascolto e quindi del riconoscimento dell’altro; e il riconoscimento reciproco dell’altro è la via per la pacificazione sperata da Beethoven. Forse, mai come oggi dal dopoguerra, c’è la necessità che questo bacio vada al mondo intero».
Il rapporto con i testi classici è invece al centro di Epidicus,in scena il 17 e 18 agostosempre al Teatro Antico (ore 19.30) con la regia di Cinzia Maccagnano. In scena Marco Simeoli e Cesare Biondolillo, Luna Marongiu, Salvatore Riggi, Mariano Viggiano, Ginevra Di Marco, Gaia Bevilacqua.
Epidicus è una delle ultime commedie scritte da Plauto che racchiude tutti gli ingredienti plautini e può quindi essere considerata un sunto del suo teatro. Protagonista è Epidico, appunto, servus callidus, abile e astuto servitore, che ordisce trame continue per favorire gli incontri amorosi del suo giovane padrone. Questo susseguirsi d’inganni e situazioni paradossali è il meccanismo che svela la trama fatta, come è solito nella commedia, di innamoramenti e ripensamenti, di raggiri a danno del padrone e spiritose invenzioni a beneficio del servo. Il pretesto è un doppio innamoramento: Stratippocle, giovane padrone, ama una fanciulla e con l’aiuto di Epidico inganna il vecchio padre affinché la riscatti; partito per la guerra Stratippocle torna però innamorato di un’altra fanciulla. E serve un altro inganno, e un altro ancora, e ancora, in un susseguirsi di tranelli e imbrogli. Per tutto lo sviluppo della vicenda, Epidico si trova nella condizione di essere giudicato colpevole per le sue malefatte e conseguentemente punito. Si genera così una giostra esilarante, paradigma del mondo plautino, in cui alla vivacità dei personaggi si somma il paradosso delle situazioni. Con una conclusione, anche questa tipica in Plauto e non solo, in cui il servo riuscirà a farla franca e a conquistare la libertà con annesso banchetto.