“Trent’anni fa, sull’autostrada A29 all’altezza di Capaci lo Stato poteva capitolare sotto il peso di 500 chilogrammi di tritolo. Lo stragismo mafioso puntava al cuore dello Stato, a ristabilire i rapporti di forza che le inchieste di Giovanni Falcone avevano invece messo a nudo e cominciato ad incrinare. Tre decenni dopo possiamo dire che le cosche sbagliarono i loro conti e si trovarono contro, con un moto d’indignazione senza precedenti, la parte sana della Sicilia e della società civile italiana”.
Lo afferma Gianluca Rizzo, parlamentare siciliano del M5S e presidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati.
“Quella strage – continua Rizzo – che ha spazzato via le vite del giudice Falcone di sua moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta, gli agenti Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, ha aperto la stagione della riscossa morale della Sicilia, una presa di coscienza della società civile che ha consentito di disarticolare e infliggere un colpo durissimo alla criminalità organizzata”.
“Da siciliano sono orgoglioso di quel moto d’indignazione che seppe rompere una subalternità culturale al potere mafioso – conclude Rizzo – ma da uomo delle istituzioni continuo a domandarmi perché Giovanni Falcone e il suo collega e amico Paolo Borsellino furono lasciati soli a combattere un nemico che godeva di protezioni e di complicità anche in alcuni settori dello Stato. Proprio perché questo è avvenuto dobbiamo concentrare tutte le nostre forze affinché fatti del genere non accadano mai più”.