“Chiediamo di poter rientrare a casa nostra e di farlo nella massima sicurezza, senza cioè che in casa ci siano sostanze nocive per la salute”.
È l’appello che Angelica Paterniti e Antonino Zingale rivolgono alle autorità competenti a distanza di 4 anni da un episodio che ha sconvolto la loro vita.
La coppia ha vissuto tranquillamente, insieme ai due figli, nella loro abitazione di via Etna 87, che confina direttamente con l’area ferroviaria della stazione della Circumetnea, fino al 18 marzo del 2018.
Poi il dramma. Un’impresa privata, per conto della Fce, ha sistemato vicino l’abitazione una cisterna che però, perdendo gasolio, ha contaminato il terreno. Dopo qualche giorno in casa Zingali ha cominciato a sentirsi un odore nauseabondo che ha provocato malori e nausea.
Le verifiche dell’Arpa hanno stabilito che in quella casa non era più possibile abitare. Costretta a fare le valige per la famiglia con due figli piccoli è iniziata un’esperienza terribile fatta di avvocati, carte bollate richieste di riavere risanata la propria casa fino ad oggi disattese.
Per questo ieri in Comune a Bronte si è svolta una riunione presieduta dall’assessore alla Salute Angelica Prestianni ed alla presenza del direttore della Fce, ing. Salvatore Fiore.
Con loro il consigliere comunale Vincenzo Sanfilippo, il dott. Allegra dell’Asp, il responsabile dell’Ufficio tecnico, ing. Salvatore Caudullo e l’avvocato del Comune Antonella Cordaro. Presenti anche i coniugi Zingale che hanno sottolineato: “Vogliamo tornare presto a casa nostra, ma la ditta che deve bonificare il terreno inquinato ha eseguito quanto ordinato solo dopo solleciti e diffide da parte degli enti ed adesso anche dalla Regione. Sono passati 4 anni anche per questo motivo. Adesso noi chiediamo una maggiore celerità nel completamento di determinati iter burocratici. Continuando a seguire i tempi delle varie conferenze di servizio passeranno altri 4 anni. Senza considerare che i problemi non sembrano ancora risolti”.
Già perché, come ha confermato il dott. Allegra dell’Asp, leggendo i risultati delle analisi che ha realizzato la stessa ditta chiamata alla bonifica, all’interno dell’abitazione si rileverebbero sostanze che impedirebbero il rientro a casa. Sostanze nocive per la salute se non addirittura cancerogene. Ci sarebbe quindi la necessità di effettuare ulteriori interventi per eliminarli.
E questo, come ha confermato l’ing. Caudullo impedirebbe al Comune di revocare l’ordinanza di sgombero dell’edificio.
E nel frattempo la ditta, a sentire i coniugi Zingali, ritarderebbe pure a pagare l’affitto della nuova casa dove la famiglia è stata costretta a dimorare.
Un dramma nel dramma per una famiglia monoreddito che la Fce è pronta a risolvere. “La Fce è sempre stata vicino alla famiglia. – ha affermato l’ing. Fiore – Sappiamo che la ditta attende la validazione da parte dell’Asp e dell’Arpa sulle rilevazioni effettuate. Ma nel caso in cui non dovesse rispettare i tempi indicati nelle diffide siamo pronti a sostituirci in danno”.
E se il consigliere Sanfilippo ha invitato le autorità sanitarie a verificare l’idoneità dei terreni circostanti l’abitazione, l’assessore Prestianni ha concluso: “Si tratta di umanità. E’ assurdo quanto accaduto ed è incredibile negare a questa famiglia, per colpa delle lungaggini burocratiche, il diritto di tornare a casa.
Ci siamo ripromessi di incontrarci di nuovo il 5 maggio, nella speranza che tutti accelerino i processi affinché questa famiglia torni a casa loro nella massima sicurezza”.