Un tavolo di confronto per la difesa del territorio dal rischio idrogeologico e altre calamità: questo l’impegno preso dalla Regione Siciliana e dal suo presidente Nello Musumeci con gli Ordini professionali, in occasione del convegno tenutosi questa mattina nell’Aula Magna del Dipartimento di Ingegneria Civile e Architettura dell’Università di Catania (Dicar Unict).
«Il nostro territorio è troppo vulnerabile: occorre affrontare il tema attraverso una nuova strategia, in cui istituzioni, mondo ordinistico e accademico collaborino per evitare che il rischio idrogeologico e l’erosione costiera diventino irreversibili e insostenibili», ha dichiarato Musumeci. «Un problema sempre più evidente negli anni – ha proseguito – a causa del cambiamento climatico, dell’urbanizzazione e della devastazione avvenuta in passato da parte dell’uomo. Spesso e irresponsabilmente, infatti, la cementificazione degli alvei ha causato veri e propri disastri». Frane, scivolamenti di terra, crolli di roccia, colate di fango: i rischi sono molteplici e il più delle volte minano l’incolumità pubblica. Musumeci ha le idee chiare su come invertire la rotta, partendo da una nuova progettualità: «Come Regione abbiamo varato una legge urbanistica dopo 40 anni e istituito un’Autorità di bacino, che mancava da 28 anni, realizzando una mappatura dei corsi d’acqua, che risultano essere circa 3mila, ed effettuando interventi di pulizia su alcuni di essi. Tuttavia – ha aggiunto – nonostante le azioni di prevenzione messe a punto dalla Struttura commissariale per il rischio idrogeologico, dobbiamo fare i conti con una macchina burocratica troppo lenta, che rischia di far perdere i fondi del PNRR per la realizzazione dei progetti. Motivo per cui abbiamo chiesto al Governo Draghi di attivarsi per una proroga al 2028 delle scadenze, attualmente previste per il 2026». A rendere più surreale l’attuale situazione è «l’assenza di progetti in presenza di fondi (per la lotta al dissesto sono disponibili circa 500 mln di euro), esattamente l’opposto degli anni precedenti – ha evidenziato Musumeci – per questo, nei prossimi 10-15 anni occorrerà affrontare il rischio idrogeologico con maggiore responsabilità».
«Abbassare la guardia di fronte a temi come questo aumenta il
rischio di gravi conseguenze in termini di vite umane e di sostenibilità dei costi di ricostruzione. Per questo occorre una visione sistemica», ha commentato il presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Catania Mauro Scaccianoce, che insieme al Consiglio ha voluto fortemente promuovere questo momento di scambio e condivisione di esperienze. «Serve dunque intraprendere azioni strutturali che favoriscano i deflussi e il consumo zero del suolo e la redazione del nuovo Piano Urbanistico Generale, a cui si aggiungono anche adeguati sistemi di allerta alla popolazione – ha proseguito – ma anche azioni sociali, attraverso una doverosa e attenta sensibilizzazione, così da evitare comportamenti scorretti in caso di calamità». Dello stesso avviso il presidente della Fondazione degli Ingegneri etnei Filippo Di Mauro, che ha puntato i riflettori sull’approccio multidisciplinare, «alla base della costruzione di una metodologia efficace per la l’elaborazione di piani di prevenzione».
«L’evoluzione della città rischia di trasformarsi in involuzione, rendendola insicura e soggetta a calamità – ha commentato il vicepresidente dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Catania Giovanni Lucifora – I dati di una ricerca del CRESME, inseriscono Catania tra i 442 comuni italiani ad alto rischio. Sembra necessario, dunque, avviare un percorso di rigenerazione urbana sostenibile». In linea con gli interventi fatti anche la presidente della Fondazione degli Architetti Eleonora Bonanno, che promuove le «infrastrutture naturali, efficaci nella gestione delle acque alluvionali, nel favorire la biodiversità e nella riduzione di carbonio. Occorre ripensare il nostro modo di costruire all’interno delle città, rendendo più permeabile il terreno».
Tra gli interventi anche quello di Antonino Cancelliere, professore del Dicar – che ha portato i saluti del direttore Enrico Foti – con uno spunto di riflessione sull’importanza delle sinergie, «fondamentali per affrontare le criticità del territorio coinvolgendo anche i giovani, eccellenze e professionisti di domani». Al termine delle introduzioni – a cui hanno contributo anche Agatino Spoto (presidente dei Geometri e Geometri Laureati di Catania), Giovanna Pappalardo (dipartimento Biogeo dell’Università di Catania e in rappresentanza dei Geologi di Sicilia) ed Enrico Catania (presidente Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali di Catania) – sono seguiti gli approfondimenti di illustri relatori. A moderare la prima sessione è stato il segretario dell’Ordine degli Ingegneri Alfio Torrisi, la seconda il presidente della Fondazione degli Ingegneri Filippo Di Mauro. Infine, una tavola rotonda, coordinata dal consigliere dell’Ordine degli Ingegnere Alfredo Foti.