“Dopo il ritrovamento qualche giorno fa di telefonini arrivati “dal cielo” a bordo di droni,
l’aggressione di cinque agenti ad opera di un detenuto fa diventare il carcere di Trapani un
“caso” nazionale e al tempo stesso quello più significativo della situazione allarmante e
senza precedenti che vivono da troppo tempo gli istituti penitenziari italiani”. Ad affermarlo
è il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo.
“Intanto – aggiunge – nel clima generale di “buonismo” nei confronti dei detenuti, almeno
noi non siamo disposti a far passare inosservate, quasi si trattasse di fatti di “ordinaria
amministrazioni”, le quotidiane aggressioni contro gli agenti penitenziari. Di fronte alla
“caccia all’agente” non rinunciamo a chiedere di mettere fine, una volta per tutte, alla
campagna di delegittimazione del personale penitenziario che si protrae da lunghi mesi, e a
riabilitare i servitori dello Stato che si oppongono contro il tentativo, purtroppo sempre più
riuscito, di criminali di imporre il proprio controllo delle carceri”.
“Anche per questo – dice il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria – siamo ancora in
tempo: la nomina di Carlo Renoldi, consigliere di Cassazione ed ex magistrato di
sorveglianza, proposta dalla Ministra Cartabia, quale nuovo capo del DAP al posto di
Bernardo Petralia, va stoppata prima che sia troppo tardi. Non è plausibile che si possa
imporre una scelta divisiva per un incarico così rilevante per la gestione delle carceri.
Piuttosto ciò conferma la nostra valutazione sull’operato della Cartabia che abbiamo
paragonato ad “Alice nel Paese delle Meraviglie” in quanto sempre più lontana dalla realtà
dei nostri penitenziari. L’esempio più vistoso è il testo di riforma della giustizia nel quale non c’è
solo la riforma del Csm come vorrebbero far credere ai cittadini per tenere lontana la loro
attenzione. Tenuto decisamente occultato c’è lo “svuota carcere”, un vero e proprio sistema che
offende le vittime di omicidi, violenze, rapine e i servitori dello Stato che hanno il compito di
individuare, ricercare ed arrestare gli esecutori dei reati e di vigilarne la custodia in carcere.
Si aggiunga a questo che gli agenti penitenziari sono declassati a “badanti” dei detenuti ancora
presenti per avere un’idea più completa della giustizia così come è concepita da Ministra e
Governo. La Ministra faccia un bagno di umiltà riconoscendo l’ennesima figuraccia
rimediata. Si ignora che le carceri per i detenuti appartenenti a clan mafiosi, gruppi
malavitosi organizzati, continuano a “fare scuola” nel senso che negli istituti penitenziari la
diffusione di armi, telefonini, droga, le aggressioni agli agenti sono un sistema consolidato”.