L’aumento medio del 67% medio in un anno del prezzo medio del gasolio affonda la flotta dei pescherecci italiani costretti a lavorare in perdita o a tagliare le uscite favorendo le importazioni di pesce straniero.
A lanciare l’allarme è Impresapesca Coldiretti, evidenziando che oltre la metà dei costi sostenuti dalle aziende ittiche è rappresentata proprio dal carburante. Con gli attuali ricavi la maggior parte, infatti, non riesce a coprire nemmeno i costi energetici oltre alle altre voci correnti per la normale attività.
“Di questo passo uscire in mare non sarà economicamente sostenibile – avverte Impresapesca – perché senza adeguate misure per calmierare il costo del carburante le imbarcazioni saranno costrette a pescare in perdita se non addirittura a restare in banchina; questo, con gravi ripercussioni su filiera e occupazione di 28 mila lavoratori in 12 mila imprese. Una situazione alla quale si aggiunge il taglio dell’attività di pesca dal 1 gennaio per un corposo segmento produttivo della flotta a poco più di 120 giorni o 130 giorni in base alle dimensioni delle imbarcazioni, pari ad un terzo delle giornate annue”. Si tratta delle disposizioni dell’Ue e del Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo, spiega Coldiretti, che mettono a rischio quasi il 50% del valore dell’ittico Made in Italy in zone come l’Adriatico, il Tirreno e il Canale di Sicilia. Uno scenario economico che mette a rischio il prodotto Made in Italy, favorendo quello estero, a fronte di un consumo annuo di 28 chili di pesce l’anno, sopra la media europea.