«Siamo qui a prendere coscienza, con non poco rammarico, e soprattutto con mille preoccupanti interrogativi, dell’ennesimo paradosso che il Governo e le Regioni mettono in atto con buona pace per la qualità dei servizi resi ai cittadini e, tra questi, soprattutto ai malati ed ai soggetti fragili.
Commentiamo, certo non facendo salti di gioia, l’accordo raggiunto, nel corso degli ultimi giorni, tra la Conferenza Stato-Regioni, che ha concesso il suo via libera, e la Federfarma-Assofarm.
Dopo la campagna vaccinale per il Covid 19, peraltro ancora in corso, ora i farmacisti italiani potranno somministrare autonomamente anche il vaccino anti-influenzale. I vertici della Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, per bocca del Coordinatore Donini, la giudicano una rivoluzione positiva. Non può che gioire, al contrario di noi, la categoria dei farmacisti, che ottiene l’ennesima “conquista”, anche economicamente parlando, dopo aver avuto, durante l’emergenza Covid, la facoltà di poter somministrare il vaccino e di poter gestire in autonomia anche quel consenso informato che fino a poco tempo or sono era solo appannaggio dei medici. Quello stesso consenso informato che d’ora in poi avranno facoltà di raccogliere anche durante il percorso della vaccinazione anti-influenzale.
Con l’emergenza sanitaria, nel pieno del caos della pandemia, abbiamo dovuto accettare, gioco forza, ma certo non siamo mai stati d’accordo, che ai farmacisti con un breve corso accelerato, venisse concesso di svolgere una operazione tanto complessa e delicata come quella della somministrazione dei vaccini anti-Covid.
Non si comprende quale sia il senso per cui i farmacisti debbano essere formati, attraverso questo breve corso, da infermieri professionisti invece che, “e ciò avrebbe avuto più senso”, incaricare direttamente gli infermieri di effettuare le somministrazioni vaccinali negli ambulatori ospedalieri, in quelli territoriali, o addirittura all’interno di spazi aperti al pubblico come le farmacie.
Qui non si tratta di un “noi contro i farmacisti”, chiariamoci bene, prosegue De Palma, da parte nostra, come sindacato delle professionisti infermieristiche, non è affatto una presa di posizione contro questi ultimi. E non vogliamo nemmeno riprendere il discorso relativo allo svilimento di una professione come la nostra. Noi riteniamo questo tipo di paradossale organizzazione come estremamente deleteria, innanzitutto per i cittadini.
E’ anche palese che, adesso più che mai, l’intera categoria infermieristica, ogni singolo operatore sanitario, i sindacati che rappresentano la nostra professione, ma prima di tutto gli enti di diritto pubblico preposti a rappresentare la nostre istanze nelle sedi competenti, debbano interrogarsi una volta per tutte e concretamente su quanto sta accadendo.
Gli infermieri italiani, il cui percorso di studi, la cui esperienza, le cui doti umane, i cui elevati valori e spirito di civico servizio sono, da sempre, a disposizione dei cittadini, implementano non senza sacrifici la loro professionalità.
Si preparano duramente ad assumere la responsabilità di garantire una serie di attività professionali, tra le quali quella della somministrazione vaccinale, pratica che non è quindi semplicemente etichettabile e/o riducibile a “mero atto tecnico”. E qualora tutto questo non dovesse bastare, vale appena il caso di sottolineare che, di norma, gli atti tecnici a peculiarità sanitaria presuppongono, in ogni caso, la previa acquisizione di conoscenze e competenze specifiche sulla materia, nel contesto di anni di percorsi universitari, peculiarità queste che non possono di certo essere surrogate e/o trasferite con un breve corso di addestramento ad altro genere di professionisti, come nel caso in specie ai farmacisti.
Siamo di fronte ad una delle attività che rappresenta una prerogativa fattuale della nostra professione. Ed è avvilente che qualcuno paragoni le vaccinazioni, sic et simpliciter, ad un “mero atto tecnico” quasi con l’intento di certificarne in tale maniera una qualche minore rilevanza e/o, ancor peggio, una qualche fungibilità da parte di altri professionisti.
La schizofrenia del complesso rapporto Governo-Regioni ci conduce nuovamente e pericolosamente, su percorsi difficili da comprendere e a dir poco controversi.
Oggi si decide di affidare le vaccinazioni anti-influenzali ai farmacisti ma, beffa delle beffe, si conferisce ancora una volta a noi infermieri il compito di fare loro da docenti.
Cosa succede? Ci chiamano in ballo, ma solo per trasmettere le nostre conoscenze ad altre categorie professionali che non hanno il nostro medesimo percorso di studi e che, di norma, non sono abilitate a somministrare farmaci?
E’ solo in questo modo che hanno bisogno di noi? Non sembra un paradosso che Governo e Regioni, invece di puntare sugli infermieri e sulla nostra professionalità, preferiscano alla fine soluzioni alternative e prediligono percorsi che somigliano tanto a una toppa, a un raffazzonamento che rischia di trasformarsi in un problema peggiore di quello iniziale?
Cosa direbbero i farmacisti, se agli infermieri venisse riconosciuto l’esercizio di attività tipiche della loro professione? Come reagirebbero gli Ordini dei Farmacisti in circostanze analoghe? Noi siamo certi che insorgerebbero.
Perché, invece di cercare soluzioni che servono solo a tappare le falle, non si guarda alle forze straordinarie ed alle specifiche competenze infermieristiche che questo fragile sistema sanitario già possiede in casa propria?
Insomma, nel nostro SSN ci sono circa 269 mila infermieri. Se c’è bisogno di professionisti per la campagna anti influenzale, il Ministro Speranza apra le porte degli ambulatori pubblici, di quelli ospedalieri, e incarichi tali professionisti di garantire le campagne vaccinali, oppure consenta agli infermieri di prestare attività libero professionale all’interno delle farmacie
E’ davvero questo il modo di risolvere la crisi che ci attanaglia? Sia chiaro che gli infermieri italiani, se chiamati in causa, se pagati come meritano, sono pronti a scendere in campo. Non si tireranno indietro se messi nelle condizioni di svolgere quello che sanno fare meglio, cioè operare da professionisti.
Non possiamo accettare il pericoloso e controproducente paradigma che vorrebbe dequalificare “gli atti tecnici infermieristici”, riducendoli “ad attività trasferibili sic et simpliciter”. No signore, non funziona in questo modo, prova ne sia il fatto che un simile principio non si applica di certo ad altre professioni.
Fino ad ora, ne prendiamo atto, anche gli enti istituzionali preposti a rappresentare la voce degli infermieri, hanno taciuto.
Noi del Nursing Up non intendiamo farlo!
I farmacisti certo avranno il loro tornaconto economico da tutto questo, e noi forse non avremo il potere di cambiare le cose da soli, ma sicuramente continueremo a raccontare tutto il nostro sbalordimento e il nostro dissenso per quanto sta accadendo», chiosa De Palma.