Già lo scorso anno (https://www.siciliaogginotizie.it/2020/06/26/rubrica-i-nostri-diritti-voli-cancellati-causa-covid-19-disciplina-attuale-e-tutele-per-i-passeggeri/) abbiamo affrontato il tema della tutela dei passeggeri in seguito alla cancellazione dei voli a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, da allora, però, la situazione è notevolmente cambiata, e anche migliorata, per i passeggeri.
Infatti, all’inizio il Decreto “Cura Italia” prevedeva che la compagnia aerea potesse decidere unilateralmente di rimborsare il passeggero con un voucher, senza necessità che questi accettasse e senza consentirgli di scegliere tra rimborso e voucher.
Poiché tutto questo contrastava con la disciplina comunitaria, la Commissione Europea è intervenuta prima con una Raccomandazione e poi, visto che questa non è stata eseguita dal Governo italiano, con una vera e propria procedura di infrazione.
A questo punto l’Italia, per adeguare il Decreto “Cura Italia” alle indicazioni comunitarie, ne ha modificato l’articolo 88 bis aderendo, in parte, alle raccomandazioni della Comunità Europea e rendendo i voucher più convenienti per i passeggeri.
In particolare, la nuova norma prevede che i voucher abbiano una durata di diciotto mesi e che, passati diciotto mesi dall’emissione senza che siano stati usati, il passeggero può chiedere il rimborso del valore del voucher entro dodici mesi dalla sua emissione.
Posto, dunque, che la situazione, almeno dal punto di vista normativo, è migliorata per i passeggeri, cosa fare se la compagnia aerea si rifiuta di corrispondere il rimborso dovuto per legge?
Innanzitutto, si potrà formalmente diffidare la compagnia a corrispondere il rimborso dovuto in base all’art. 88 bis, comma 12 bis, decreto legge n.18/2020, come modificato dalla lg. 77/2020 e, qualora neanche questa soluzione dovesse funzionare, si potrà iniziare una causa citando la compagnia aerea presso il foro di residenza del passeggero.
In genere, infatti, la compagnia aerea si difende sostenendo che la normativa da applicare non è quella italiana bensì quella del luogo in cui essa ha sede, ma la giurisprudenza, in base alla Convenzione di Montreal, ha stabilito che in questi casi la legge da applicare è quella del domicilio dell’acquirente.