È una di quelle mattine in cui il sole scintillante vuole farti scordare le ristrettezze della pandemia. È U IOVIRE ESSANTO e la nostalgia delle lunghe passeggiate dietro la processione ti strappa il cuore. E seppur ci confortiamo con la speranza che prima o poi tutto finisca, che recupereremo pian piano la nostra libertà, forse sarà difficile recuperare la perdita più grande: il senso di umanità, quello che la scena di questa mattina in Piazza Inam, al Juparanà Cafè, ha mortificato.
C’era il pubblico basito, c’erano forze dell’ordine in divisa e in borghese (tante!), c’erano i contestatori, un locale deserto e c’era anche una giornalista che non può fare a meno di riportare lo stupore di una situazione ai limiti del credibile. Un assetto di guerra con ben tre pattuglie e sceriffi compiaciuti di aver scovato la violazione in una città dove ad ogni angolo si vedono abusi e illeciti ben più gravi. Non demordevano le guardie alla reazione nervosa del soggetto che dopo aver acquistato un panino stava per mangiarlo, allontanandosi da un bar totalmente desolato e privo di gente. La miopia cronica non gli ha consentito di vedere che proprio all’angolo opposto c’è l’assembramento, quello quotidiano, pericoloso, per la fila ai servizi sanitari. Ma poco importa perché il loro servizio era impostato in modalità sceriffi al controllo. Lì c’era il colpevole in flagranza di reato: aver addentato il panino entro i 50 mt dal bar! Non oso immaginare in tempi normali: ergastolo per il tradizionale sputo della simenza!
Quello che colpisce non è l’accanimento di operazioni di controllo, sicuramente necessarie, ma il modus operandi ai limiti del rispetto della libertà altrui. Questa è una città dal cuore grande, che ha saputo mostrare sensibilità e attenzione nonostante alcune infrazioni, accadute come in tanti altri posti.
Quello che colpisce è l’esasperazione composta di Filippo, il titolare, svilito dagli impegni e dagli sforzi per portare avanti l’attività; colpisce il conforto di Francesco e Peppe, anche loro del settore, lì presenti e sgomenti ma imperterriti. La mia penna oggi vuole testimoniare non la cronaca di un fatto ma la loro audace perseveranza e quella degli altri che portano avanti il loro lavoro nonostante le continue “mazzate”. Che possa servire da invito a tutti per continuare a prendere il caffè al bar e dare un segnale di vicinanza e supporto a tutti gli operatori che rendono viva questa città perché tutte le sere, quando calano le loro serrande, Marsala muore.
Antonella Lusseri