Nel 2020 il mercato delle acque minerali Made in Italy, un comparto che vale tre miliardi, ha accusato una frenata dopo un decennio 2010-2019 che aveva visto l’export raddoppiare a valore (+101%, solo il caffè ha fatto meglio). A rilevarlo è il Mineral Water Monitor, l’Osservatorio di Nomisma dedicato al settore delle acque minerali lanciato oggi a Bologna con l’obiettivo di aiutare imprese ed altri operatori a comprendere in maniera approfondita e in tempo reale i cambiamenti che interessano mercato, settore e comportamenti di consumi sia a livello nazionale che internazionale.
Con la pandemia, le vendite oltre frontiera sono calate dell’11%: una discesa meno marcata di quella subita dalla Francia (-15%). Le distanze rispetto a Parigi si sono ridotte così a 111 milioni, contro i 211 di cinque anni fa. Rispetto al vino, il duello con i francesi sulle acque minerali vede una dinamica opposta: il prezzo medio all’export è più alto per le acque italiane (36 centesimi al litro) che per quelle francesi (26 centesimi).
Se tutti i Paesi stranieri – con l’eccezione degli Stati Uniti – hanno ridotto le importazioni complessive, anche sul mercato interno la situazione non è delle migliori. I dati NielsenIQ, partner di Nomisma nell’Osservatorio Mineral Water Monitor, evidenziano nel 2020 una stazionarietà delle vendite in Gdo in valore (-0,2%) con un leggero incremento sul fronte dei volumi (+1,6%). Con il Covid calano le vendite di acque gassate e lievemente gassate (rispettivamente -1,3% e -1,5% a volume), mentre crescono gli acquisti da parte degli italiani di acque lisce (+1,8%) e soprattutto effervescenti naturali (+5,0%), che rappresentano l’unica categoria a mettere a segno un incremento delle vendite anche in valore: +5,6%. Con il lockdown sono quasi raddoppiate le vendite online (+93% a valore).