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Coronavirus, ecco le principali varianti

Aumentano le varianti del virus SarsCoV2 in circolazione. A quella inglese e sudafricana si aggiunge quella brasiliana e riuscire a tracciarne la presenza in ciascun Paese è complesso. Di qui l’appello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) a raccogliere le sequenze genetiche delle nuove varianti in uno sforzo globale. Il Comitato dell’Oms per le emergenze ha esortato inoltre a mettere a punto un sistema standardizzato per la denominazione delle nuove varianti che eviti i riferimenti geografici.

L’ultima arrivata, la variante brasiliana, è stata isolata il 6 gennaio scorso dall’Istituto nazionale giapponese per le malattie infettive (NIID) ed è indicata con la sigla B.1.1.248. Nasce da 12 mutazioni concentrate sulla principale arma del virus, la proteina Spike, e fra queste mutazioni ce ne sono le due già note per rendere il virus più efficace nel contagiarsi, chiamate N501Y e E484K.

La prima variante a essere stata identificata è stata quella indicata con la sigla D614G e nata anche questa da mutazioni concentrare soprattutto sulla proteina Spike.

La variante inglese, indicata con le sigle 20B/501YD1 oppure B.1.1.7, e’ caratterizzata da ben 23 mutazioni, 14 delle quali sono localizzate sulla proteina Spike. E’ comparsa in Gran Bretagna in settembre ed e’ stata resa nota a meta’ del dicembre scorso. Finora e’ stata identificata in 33 Paesi, compresa l’Italia con una ventina di casi. Anche in questo caso a preoccupare e’ il fatto che la mutazione rilevata nella posizione 501 della proteina Spike puo’ rendere il virus piu’ contagioso.

E’ indicata con la sigla N501Y la variante del virus isolata in ottobre Sudafrica. Caratterizzata da una maggiore capacita’ di contagio e da una carica virale piu’ alta, anche questa e’ legata a piu’ mutazioni localizzate sulla proteina Spike.

Altre mutazioni nella stessa proteina hanno portato alla variante N501T, che in Italia e’ stata isolata a Brescia e che potrebbe risalire ad agosto. Secondo ricerche recenti potrebbe essere una ‘sorella’ della variante inglese, dalla quale si sarebbe separata in marzo.

Viene infine indicata con “cluster 5” la variante comparsa negli allevamenti di visoni in Danimarca e trasmessa all’uomo.

In Italia sono inoltre diffuse le varianti 20A.EU1 e 20A.EU2, comparse in estate in Spagna e arrivate nel nostro Paese all’inizio dell’autunno.

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