Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della disciplina dei Diritti Umani, in vista delle festività natalizie, intende ricordare le tante difficoltà affrontate dagli educatori fuori sede: docenti di ruolo legge 107/ 2015; precari storici, personale scolastico e dalle loro famiglie. La pandemia ha accentuato una serie di disagi nella mobilità e nei costi connessi al caro vita, specialmente nelle grandi città del Centro – Nord. Alle categorie citate va tutta la nostra gratitudine e considerazione.
Chiediamo al Ministero dell’Istruzione che finalmente vengano prodotti una serie di interventi finalizzati al miglioramento della qualità della vita di chi vede sgretolarsi miseramente in pochi giorni lo stipendio tra affitto, mutuo, figli, spostamenti. Più volte abbiamo segnalato la necessità di ampliare ed estendere un bonus spesa a favore dei fuori sede. In merito ai docenti della legge 107 /2015, sollecitiamo un piano della mobilità per il riavvicinamento alle loro sedi di residenza; obiettivo che si potrebbe raggiungere già fissando un tetto massimo di 15 / 18 studenti per classe, dal momento che molta propaganda era stata abilmente condotta da alcune forze politiche sulla necessità di tale intervento onde garantire un apprendimento più monitorato e consolidato. Ora, tale provvedimento, al di là dell’utilità formativa, avrebbe una ricaduta positiva proprio sulla salute pubblica.
Una breve considerazione sull’attuazione dell’Educazione civica nelle scuole italiane dopo quattro mesi di attività didattica; da segnalazioni pervenute l’impostazione attribuita alla disciplina ha suscitato più sconcerto che motivazione tra gli insegnanti: tutti fanno tutto spesso in maniera improvvisata, “erodendo” tempo alla propria materia di riferimento. Sarebbe opportuno riformulare il progetto per valorizzare adeguatamente una disciplina che sicuramente è trasversale, ma necessita di competenze specifiche per l’insegnamento.
I lavoratori della scuola sono stanchi di diventare i protagonisti di panegirici penosi, inutili e vagamente canzonatori, data la triste constatazione dell’immutabilità delle proprie condizioni professionali non proprio esaltanti in termini di rischi professionali, retribuzione e prestigio sociale.
Non sarebbe più costruttivo ascoltare direttamente chi appartiene al mondo della scuola e ne conosce le dinamiche e le problematiche? Molti parlamentari appartenevano alla realtà scolastica, eppure sembrano, a giudicare dai fatti, aver dimenticato le “proprie origini”, optando per scelte non sempre comprensibili e condivisibili.
In conclusione, parlare di diritti civili a scuola significa oggi parlare di rivoluzioni culturali e sociali che hanno cambiato la nostra società con partecipazione e coinvolgimento. Il rapporto comunicativo tra insegnante e studente non può che essere alimentato dal benessere psico-fisico di entrambi; proprio per questo si dovrebbero impegnare tutte le forze per armonizzare l’ambiente d’apprendimento; diversamente la motivazione di entrambi i soggetti coinvolti langue. Al momento la strada da percorrere è molto lunga.