La pandemia che stiamo vivendo sta limitando temporaneamente le nostre libertà, sta mettendo a dura prova la nostra resilienza al fine di far fronte a un’emergenza sanitaria che ci costringe a mettere in campo ogni mezzo e risorsa, nella speranza che questa abbia una battuta d’arresto o un forte rallentamento.
Quello che invece sembra non arrestarsi è il dramma della violenza di genere. Questo cancro della nostra società non vede limiti.Ed è per questo che ieri, nel rispetto delle norme anticovid, mi sono recata a Castelvetrano per far sentire vicine le Istituzioni alla famiglia La Gumina.
Quanto è successo ieri a Castelvetrano in occasione della inaugurazione della panchina rossa è qualcosa di meraviglioso.Non ci sono stati piagnistei né parole d’odio da parte di nessuno, c’è stata invece la lucida consapevolezza di contrastare il fenomeno con decisione cominciando ad inquadrare la cosa come un problema culturale e perciò contrastarlo con strumenti culturali, ed auspico quanto prima l’educazione emozionale nelle scuole, un DDL a mia prima firma, già incardinato in Commissione Cultura al Senato.
Una panchina rossa parlante, perciò, collocata nel Sistema delle Piazze con il suo rosso sgargiante dove giovani e meno giovani si siederanno e dove saranno inevitabilmente portati tra una nequizia e l’altra a leggere quella targa e a pensare o discutere della cosa almeno per un momento e a problematizzarla, io la trovo di una potenza incontenibile.
Se poi vogliamo soffermarci ancora un po’ su questa panchina scopriremo che è stata assemblata e dipinta da un padre amorevole che ha saputo fare del suo inconsolabile dolore qualcosa di costruttivo e di utile per gli altri.