Sono passati 28 anni da quel 19 luglio 1992. Ventotto anni dalle immagini che tutta l’Italia ha impresse nella memoria: cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci, in cui moriva il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e agli agenti della scorta, in via D’Amelio a Palermo una Fiat 126 imbottita di esplosivo veniva fatta saltare in aria davanti alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino. A ucciderlo non è stato il nemico» Per lui, per gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna della Polizia a morire in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, non c’era stato scampo. Ventotto anni dopo in via D’Amelio il ricordo del giudice, le commerazioni, per la seconda volta senza Rita Borsellino, morta due anni fa . « Sempre più triste partecipare alle celebrazioni perché non c’è Rita – ha detto Giovanni Amoroso che da ben 14 anni partecipa con le associazioni Agende Rosse – ma sono felice che, per la seconda volta, questo anniversario sia stato programmato insieme dal movimento delle Agende rosse e dal Centro studi Paolo Borsellino. Per me non si tratta solo di fare memoria, ma di lotta perché ogni volta dobbiamo ricordare che a ucciderlo non è stato il nemico, bensì il fuoco che proveniva dalle sue spalle, da chi doveva combattere insieme a lui. Per questo per me memoria significa lotta».