venerdì, Novembre 22, 2024
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Emergenza Covid-19: democrazia a dura prova

Siamo in emergenza sanitaria, di elevata gravità e di portata inimmaginabile: questo è chiaro oramai a tutti. Ma c’è un aspetto, meno attenzionato, che la nostra Repubblica vive per la prima volta nella sua storia: una stretta limitazione delle libertà individuali, che non ha precedenti e mai avremmo potuto pensare nei termini in cui si sta verificando.

Avv. Rossana Ditta

Abbiamo assistito ad una progressiva erosione di diritti e beni costituzionalmente garantiti: la libertà di circolazione e soggiorno (art. 16 Cost.), la libertà di riunione (art. 17 Cost.), la libertà di esercizio dei culti religiosi (art. 19 Cost.), la libertà di insegnamento (art. 33 Cost.), la libertà di iniziativa economica (art. 41, c.1, Cost.)…Tuttavia, la giustificazione a tali forti limitazioni si rinviene nel “fondamentale” principio, quello della salute (art. 32 Cost), di primaria importanza e capace, per l’alto contenuto e valore che lo contraddistingono, a prevalere su ogni altro bene costituzionalmente garantito.
Normativamente, a livello costituzionale, possiamo trovare legittimazione alle restrizioni in alcune espresse ipotesi. Ad esempio, nel caso della libertà di circolazione, l’art. 16 Cost. fa salve quelle limitazioni stabilite dalla legge in via generale solo per “motivi di sanità o di sicurezza” e, nel caso della libertà di riunione, l’art. 17 Cost. prevede la possibilità per le autorità di porre divieti solo per “comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica”. Ma risulta chiaro che il bilanciamento tra beni e norme richiede l’esistenza di circostanze oggettive, riscontrabili oggi nella delibera del 31/01/2020 del Consiglio dei Ministri, che ha dichiarato lo “stato di emergenza”, con provvedimento legittimato dal D.lgs 2 gennaio 2018 n.1 (Codice della Protezione Civile). In particolare, il riferimento è all’art. 24, relativo alla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, e all’art. 25, relativo alla possibilità di adozione di ordinanze di protezione civile nell’ambito di uno stato di emergenza “in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicate nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione Europea”.
A questo punto, suscitano allora maggiore perplessità le modalità e i mezzi con cui tali restrizioni si stanno imponendo, ossia le disposizioni dei diversi DPCM, che formalmente sarebbero semplici atti amministrativi, e il riconoscimento di penetranti poteri e facoltà al Governo, senza sostanziale controllo (il D.L. n. 19 del 25/03/2020 prevede solo un aggiornamento sulle misure adottate da parte del Presidente del Consiglio al Parlamento ogni quindici giorni).
Ripeto che sono state senz’altro adottate misure importanti e di grande utilità, giustificate e legittimate dallo stato di emergenza, ma è bene sottolineare che si sta tendendo un elastico, quello che delimita il nostro sistema, creando, per necessità, una situazione che anch’essa non rientra di certo nella “normalità”…
E’ bene, dunque, che i cittadini comprendano anche questa anomala situazione e che la stessa sia tenuta presente anche dalla politica tutta a livello locale (Regioni e Comuni), considerato che spesso, in situazioni di emergenza, il fascino delle dittature si presenta in modo ancor più suadente, a dispetto della trasparenza di azione e del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento.
A questo punto però, pur non potendosi in generale affermare che sia in atto un’eversione o un’integrale sospensione dell’ordinamento democratico, è necessario chiedersi: quale la possibilità di controllo e, soprattutto, quali i limiti?
A livello normativo, è il limite temporale l’unico vincolo che sembra profilarsi.
Già il termine “emergenza” fa pensare a qualcosa di transitorio, ma è il Codice della Protezione Civile che espressamente fissa la durata dello stato di emergenza in 12 mesi, prorogabili per ulteriori 12 (art. 24, n. 3). Invece nulla si prevede circa i “limiti di comprimibilità” di diritti e libertà, con evidente conferimento di “delega piena” al Presidente del Consiglio, che non ritroviamo neanche in caso di guerra, considerato che l’art. 78 della nostra Costituzione conferisce alle Camere il potere di deliberare lo stato di guerra e di attribuire al Governo i “poteri necessari”.
Pertanto, in maniera veramente inimmaginabile prima d’ora, è proprio il grave carattere di urgenza legato all’attuale situazione sanitaria a giustificare interventi immediati e ogni decretazione del Governo, con affievolimento di controllo da parte del Parlamento ed emanazione frenetica, talvolta convulsa e risultata priva di qualsivoglia coordinamento (quantomeno a livello di testi adottati) di provvedimenti amministrativi da parte degli organi non solo statali (DPCM e OM), ma anche regionali (Ordinanze Presidenti Regioni) e locali (Ordinanze Sindaci).
Considerata la confusione, è stato il decreto 19/20, con la finalità primaria di garantire un coordinamento delle misure in sede statale, a cercare di porre un minimo di ordine ed arrestare la frenetica ed ipertrofica produzione (avvenuta tra 22 febbraio e 24 marzo) di ordinanze adottate autonomamente dai Presidenti delle Regioni ed anche dai Sindaci in alcuni casi. Proprio in nome della peculiarità e dell’estensione di tale emergenza, si è proceduto a specificare in dettaglio il riparto delle competenze e ad esplicitare l’attuale modus operandi. In particolare, l’art. 2 del sopracitato decreto prevede espressamente che l’Autorità competente ad emanare le misure di contenimento aventi efficacia sul territorio nazionale sia il Presidente del Consiglio (con uno o più DPCM), su proposta del Ministro della Salute, sentiti i Ministri e i Presidenti delle Regioni o il Presidente della Conferenza delle Regioni sulla base dell’estensione territoriale delle misure adottate, ovvero su proposta di queste Autorità regionali.
In tutti i casi, poi, di norma deve essere sentito il Comitato tecnico scientifico, di cui all’ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione Civile 3 febbraio 2020, n. 630, sulle misure disposte, per valutare i profili tecnico-scientifici, l’adeguatezza, la proporzionalità e dunque la legittimità delle stesse, tenuto conto degli altri diritti conseguentemente sacrificati ed incisi, in maniera più o meno significativa.
Nonostante tali utili chiarimenti e qualche minimo correttivo, restano varie norme scritte non in maniera ottimale e piene di rinvii, dubbi interventi da parte di Regioni e Comuni, e comunque la generale sensazione di un depauperamento dell’ordinamento democratico, sotto vari aspetti, non prevedibile prima esattamente nei dettagli, con poteri centralizzati nelle mani del Presidente del Consiglio, veramente enormi rispetto a quanto avviene nell’ordinarietà dei casi.
Giova notare, tuttavia, che al di là delle “particolari” forme utilizzate, proprio per l’eccezionalità del pericolo per la salute e l’incolumità pubblica, tali misure vengono accettate da tutti i cittadini di buon grado, trovando unanime e diffuso consenso da parte di un’intera collettività, che solitamente riesce invece ad adattarsi con difficoltà ai cambiamenti, specie se repentini. La paura del contagio rende a chiunque più facile accettare una forte compressione di diritti e libertà, avvenuta neanche nella miglior forma, portando addirittura i cittadini ad invocare talvolta più drastiche riduzioni, spinti dalla percezione reale del pericolo.
Personalmente, pur concordando sulla peculiarità di questa emergenza e sulla necessarietà attuale di molte misure disposte, mi auguro fortemente che tutto finisca al più presto e che si ritorni alla “normalità” veramente sotto ogni aspetto, non solo sanitario, perché un protrarsi senza limiti di tale situazione potrebbe magari comportare anche sul nostro sistema dei “residui”, poco accettabili ed eliminabili con fatica domani.
Ed in tal senso, certamente contribuiscono a far sorgere nuove perplessità e timori, anche alcune idee ultimamente annunciate, quale una probabile app per geolocalizzare i cittadini e monitorare i loro spostamenti nella “fase 2” dell’emergenza.
Non vorrei che l’arrivo del virus dalla Cina potesse far pensare ad un contagio sotto altri aspetti…
Non credo sinceramente, ma l’eccezionalità nel nostro Paese dell’attuale situazione, anche dal punto di vista politico e giuridico, va interamente evidenziata, nel rispetto dell’intera collettività che, in questa terribile lotta, sta dimostrando elevato senso di responsabilità, spirito di sacrificio, abnegazione, coraggio e determinazione.
Avv. Rossana Ditta

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