martedì, Novembre 19, 2024
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Mafia: colpo a clan Belmonte Mezzagno, arrestato il nuovo capomafia

Operazione contro il clan mafioso di Belmonte Mezzagno, un paese del palermitano teatro di recente di due omicidi e di un fallito agguato. I carabinieri del comando provinciale, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito due arresti e due fermi.
In cella è finito nuovamente Salvatore Tumminia, ritenuto il nuovo capo mandamento; avrebbe preso il posto di Salvatore Sciarabba e Filippo Bisconti, entrambi arrestati nel dicembre 2018. Bisconti adesso collabora con la giustizia. Il boss era da poco tornato in libertà, dopo essere stato condannato per associazione mafiosa nell’operazione Perseo dicembre 2008.
Secondo gli investigatori avrebbe assunto il controllo della cosca gestendo il settore delle estorsioni e infiltrandosi nelle istituzioni della città.

L’Operazione Cupola 2.0 (4 dicembre 2018), a seguito della quale erano stati arrestati, tra gli altri, gli uomini d’onore al vertice del mandamento mafioso di Misilmeri – Belmonte Mezzagno, ha portato fibrillazioni nello stesso mandamento, sfociati nel corso del 2019, in gravi fatti di sangue: il 10 gennaio 2019, Vincenzo Greco, pregiudicato, è stato ucciso di un agguato in tipico stile mafioso mentre rincasava dal lavoro nei campi; l’8 maggio 2019, il commercialista Antonio Di Liberto, poco dopo essere uscito di casa a bordo della propria auto, è stato freddato da una scarica di proiettili; il 2 dicembre 2019, due sicari, a bordo di uno scooter e travisati da caschi integrali, nonostante la presenza di numerosi passanti, approfittando del traffico in una via del centro cittadino, hanno fatto rallentare l’auto condotta da Giuseppe Benigno, esplodendogli contro 9 colpi d’arma da fuoco. Per un caso fortuito, solamente due proiettili hanno colpito la spalla sinistra dell’imprenditore, che, nonostante le ferite, è riuscito a guidare l’auto fino al pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo.

È evidente quindi che, l’arresto e la successiva decisione di collaborare con la giustizia di Filippo Bisconti, all’epoca capo del mandamento, avessero provocato delle forti ripercussioni.

Le indagini, avviate sul territorio belmontese già all’indomani dell’omicidio di Vincenzo Greco, hanno consentito, di ricostruire parte dell’organigramma della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno individuando l’uomo che ne aveva assunto il vertice: Salvatore Francesco Tumminia, da poco tornato in libertà dopo essere stato condannato per associazione mafiosa a seguito dell’operazione Perseo (16 dicembre 2008).

Le investigazioni hanno fatto emergere come Salvatore Francesco Tumminia avesse accentrato il potere nelle proprie mani gestendo il settore delle estorsioni, infiltrandosi nelle istituzioni sane della città e ponendosi quale punto di riferimento per i propri sodali e per i propri concittadini per la risoluzione delle problematiche più svariate.

Alcuni esempi dell’attivismo in tal senso da parte di Tumminia sono: la richiesta, formulata da un avvocato penalista al capo famiglia, di intervenire per fargli riscuotere un credito che da anni vantava nei riguardi di uno dei suoi assistiti; la gestione di una controversia sorta tra alcuni sodali a seguito di una richiesta estorsiva formulata nei riguardi di un artigiano, fratello di uno degli uomini d’onore belmontesi.

Le intercettazioni hanno fatto emergere le lamentele dell’artigiano che, dopo aver raccontato al fratello di aver ricevuto un pizzino con la pretesa estorsiva e le connesse minacce di morte e del coinvolgimento nella vicenda di Stefano Casella e Antonino Tumminia (entrambi destinatari della una misura cautelare in carcere), si rivolgeva al capo famiglia affinché intervenisse per evitargli il pagamento del “pizzo”; e il condizionamento del locale distaccamento del corpo forestale della regione siciliana da parte del capo del sodalizio mafioso belmontese, che disponeva autonomamente i turni degli operai stagionali e organizzava a piacimento le squadre di lavoro, favorendo i dipendenti a lui vicini. L’ingerenza era tale che nel paese si era diffusa la convinzione che l’unico modo per ottenere un contratto stagionale fosse quello di parlarne direttamente con Tumminia, che si faceva vanto delle minacce fatte nei confronti dei dirigenti dell’ufficio locale non collaborativi.

Fra i soggetti raggiunti dai provvedimenti restrittivi vi è anche Giuseppe Benigno il quale, nei giorni successivi al plateale tentativo di omicidio in suo danno, si era dato alla fuga trovando rifugio presso alcuni parenti a Piubega, comune in provincia di Mantova, dove è stato rintracciato dai militari e tratto in arresto. Le indagini hanno documentato come Benigno fosse un soggetto interno alla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno che operava in contatto con i vertici del mandamento e della famiglia mafiosa facente capo a Salvatore Francesco Tumminia (e, prima dell’operazione Cupola 2.0, con Filippo Bisconti) agevolando la commissione dei reati fine dell’associazione quali le estorsioni, coadiuvando i sodali nel controllo del territorio, agevolando i contatti e gli incontri con gli appartenenti alle varie famiglie mafiose, nonché inserendosi nella risoluzione delle problematiche interne all’associazione.

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