«Se il legame tra architettura contemporanea e centri storici fosse stato considerato una stortura o una minaccia, come invece succede spesso ai giorni nostri, Catania non avrebbe mai avuto la bellezza del barocco. Per questo il nostro Ordine s’impegna a sensibilizzare la comunità e le istituzioni verso una nuova stagione di architettura moderna nella città etnea, chiaramente in armonia con il patrimonio esistente. Insistere in una rigida ottica di conservazione e vietare l’innesto del contemporaneo significa privare la Catania del futuro di quel valore storico e culturale che possiedono per noi oggi il barocco e gli altri stili che nei secoli hanno disegnato il volto alla città». L’Ordine degli Architetti PPC – attraverso le parole del suo presidente Alessandro Amaro – rilancia il proprio appello in occasione dell’incontro formativo sul tema che si è svolto ieri pomeriggio (3 dicembre) nella sede istituzionale.
Una questione annosa quella del connubio tra architettura contemporanea ed edilizia storica della città, eppure «quanto mai attuale perché noi professionisti, chiamati a progettare il nuovo, dobbiamo confrontarci costantemente con il tessuto esistente, in centro e nelle altre porzioni urbane» ha aggiunto Veronica Leone, presidente della Fondazione dell’Ordine.
Come promuovere quindi la relazione tra le nuove espressioni architettoniche e quelle del passato? «Attraverso la formazione professionale, e quindi eventi come quello odierno, i nostri iscritti studiano il giusto approccio tecnico per coniugare le due esigenze architettoniche – ha continuato il presidente Alessandro Amaro – Ecco perché riteniamo logico che l’analisi dei progetti, nelle sedi dove questi devono essere verificati e autorizzati, sia condotta da architetti e non da altre professionalità, anche in casi di ruoli di dirigenza. Allo stesso modo in cui il medico è la figura preposta a curarsi della nostra salute, così l’architetto è l’unica figura competente a valutare progetti che possono recuperare, tutelare e valorizzare la città, la sua parte storica e i suoi quartieri».
Dalle relazioni tenutesi durante l’incontro – a cura dei docenti universitari Matteo Ieva (Politecnico di Bari), Antonello Russo e Giuseppe Arcidiacono (Università di Reggio Calabria) – è emerso quanto sia necessario arginare la perdita degli elementi d’identità del centro storico, affinché esso torni a essere una componente fondamentale per il recupero della coscienza sociale e della qualità urbana. Un processo di riqualificazione urbana possibile attraverso contaminazioni innovative, come illustrato nei casi studio presentati. Tra essi anche quello per la Piazza Santo Spirito a Catania, esempio di convivenza “irrisolta” tra patrimonio antico e contesto moderno. «Occorre concepire l’antico non come un lascito ma come un elemento che di fatto è presente nella città contemporanea – ha concluso il prof. Arcidiacono – D’altronde noi guardiamo al passato con gli occhi del presente, è il nuovo che dà un senso all’antico. I centri storici possono custodire il loro valore e la loro bellezza solo se hanno un futuro davanti».