Dipendenti che strisciano il badge per i colleghi assenti, ma anche ragazzini che lo fanno per i loro familiari, anche davanti a personale compiacente dei vigili urbani. Sono alcune delle irregolarità registrate da telecamere nascoste dei carabinieri del comando provinciale di Catania che dal maggio a luglio del 2015 ha ripreso il ‘segna orario’ dei dipendenti del Comune di Piedimonte Etneo. Per 48 loro la Procura distrettuale ha emesso un avviso di conclusione indagini preliminari che ipotizza il reato di truffa aggravata in concorso. Dalla visione delle immagini e da servizi di osservazione e pedinamento è emerso che gli “impiegati sistematicamente, dopo aver “timbrato” il proprio badge, si assentavano dal posto di lavoro per dedicarsi alle attività più disparate, dal fare la spesa, distribuire quotidiani, al curare i propri interessi nelle loro abitazioni private o nelle seconde case di campagna”.
Qualcuno addirittura, ricostruisce la Procura di Catania che ha coordinato le indagini dei carabinieri, “non soddisfatto di ricevere un salario adeguato per l’attività lavorativa, peraltro ‘mai svolta’, compensava utilizzando il veicolo di proprietà del comune per esigenze strettamente legate alla sfera privata”. Non mancavano i casi nei quali il collega compiacente, secondo l’accusa, ‘strisciava’ il badge dell’altro dipendente per farlo risultare sul posto di lavoro quando invece si presentava ad orari di comodo o, addirittura, non si presentava affatto. “Appare oltremodo significativo, ai fini della comprensione dell’elevata percezione d’impunità da parte degli indagati – osserva la Procura di Catania – il fatto che siano stati talvolta utilizzati anche dei minorenni per la vidimazione dei badge, commessa addirittura in una occasione alla presenza di una ispettrice della polizia municipale”. Per la Procura di Catania la circostanza, “da sé assolutamente disdicevole”, ha “connotati allo stesso tempo tuttavia ‘evidenti’ se contestualizzata in un gruppo di dipendenti comunali infedeli vincolati, in molti casi, da rapporti di parentela e, quindi – sottolinea la Procura – reciprocamente animati da una eccessiva ‘comprensione’ anche di fronte a plateali violazioni di legge”.