Sono appena passate le 8.30 del mattino e una mamma sta per accompagnare i due figli, due gemellini maschi, a scuola. E’ il 2 aprile del 1985 e la mafia, in provincia di Trapani è forte più che mai. Il giudice Carlo Palermo si sta recando al Palazzo di Giustizia di Trapani. E’ appena uscito da casa sua, a Bonagia e a bordo di una Fiat 132 blindata sta percorrendo la Strada Provinciale che attraversa Pizzolungo. La mafia ha deciso di ammazzarlo con un’autobomba per le indagini che sta conducendo e piazza il tritolo all’interno di un’auto parcheggiata lungo la strada. L’auto del magistrato supera, in prossimità dell’autobomba, la Vollkswagen scirocco guidata da Barbara Rizzo, 30 anni con i 2 bimbi a bordo, Salvatore e Giuseppe di 6 anni. L’auto con la mamma e i figli a bordo, si viene a trovare tra l’autobomba e la 132. L’autobomba viene fatta esplodere comunque, nella convinzione che sarebbe saltata in aria anche l’auto di Carlo Palermo. Invece la Scirocco fa da scudo alla Fiat 132 e la mamma e i 2 figli muoiono sul colpo.
L’esplosione si sente a chilometri di distanza. Tra i soccorritori, giungono dalla vicina via Ariston il marito della donna, Nunzio Asta, con suo cognato. ‘auto è ridotta così a pezzi che i due non la riconoscono. Non pensano neppure che siano morti i loro familiari e Nunzio torna al lavoro. Poco dopo la polizia gli telefona per chiedergli il numero di targa della sua auto, senza aggiungere altro, e Nunzio Asta scopre che una sua impiegata ha già verificato che i suoi figli non sono mai giunti a scuola.
Dei quattro agenti della scorta quelli sulla 132, l’autista Rosario Maggio e Raffaele Di Mercurio, rimangono leggermente feriti mentre gli altri due vengono gravemente colpiti dalle schegge, Antonio Ruggirello a un occhio, Salvatore La Porta alla testa e in diverse parti del corpo. Dopo l’arrivo dei soccorsi e delle autopattuglie il giudice Palermo raggiunge il palazzo di Giustizia con una auto della polizia e qui i colleghi lo convincono a recarsi all’ospedale Sant’Antonio Abate dove viene sottoposto a un esame audiometrico e ricoverato.
Inizialmente alcuni mafiosi delle cosche di Alcamo e di Castellamamre del Golfo, Vincenzo Milazzo, Filippo Melodia, Vincenzo Cusumano, Pietro Montalbano, Gioacchino Calabrò, Mariano Asaro, Gaspare Crociata, Antonino Palmeri) vennero individuati come esecutori materiali della strage, che doveva servire a bloccare sul nascere le inchieste del giudice che avrebbero portato ad una raffineria di eroina nei pressi di Alcamo che tuttavia venne scoperta dalla polizia ventidue giorni dopo l’attentato: infatti all’interno della raffineria venne trovato un giornale che era piegato nella pagina dove era riportato un articolo in cui si parlava delle indagini del giudice Palermo.
Per queste ragioni Gioacchino Calabrò, Vincenzo Milazzo e Filippo Melodia vennero condannati all”ergastolo in primo grado ma assolti nel 1990 dalla Corte d’Appello di Caltanissetta e l’anno successivo dalla Cassazione presieduta dal giudice Corrado Carnevale in seguito processato per associazione mafiosa, accusa dalla quale però verrà assolto)
Negli anni successivi le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia (Francesco Di Carlo, Pietro Scavuzzo, Giovan Battista Ferrante e Giovanni Brusca, portarono al rinvio a giudizio dei boss mafiosi Salvatore Riina,, Vincenzo Virga, Antonino Madonia e Baldassarre Di Maggio come mandanti della strage: nel 2002 Riina e Virga vennero condannati all’ergastolo e la stessa pena venne comminata nel 2004 anche a Baldassare Di Maggio mentre Antonino Madonia venne assolto Tuttavia restano ancora oggi sconosciuti gli esecutori materiali della strage.