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“Il sentiero dei passi pericolosi” in scena al Teatro Libero

Giovedì 14 marzo (con replica venerdì 15), alle 21.15, la compagnia torinese Tedacà porterà in scena al Teatro Libero “Il sentiero dei passi pericolosi” un testo del pluripremiato Michel Marc Bouchard, nella traduzione di Francesca Moccagatta, diretto da Simone Schinocca e interpretato da Matteo Sintucci, Andrea Fazzari e Mauro Parrinello. Le musiche sono di Maurizio Lobina.

Al centro de Il sentiero dei passi pericolosi ci sono tre fratelli molto diversi fra loro: Carl, il più giovane con aspirazioni piccolo borghesi; Ambroise, gallerista omosessuale e Victor, il più silenzioso e misterioso, colui che innesca il meccanismo drammatico. Li conosciamo nel giorno delle nozze di Carl: viaggiano assieme per raggiungere il luogo della cerimonia ma hanno un incidente e si perdono in una foresta, da cui rischiano di non far ritorno. In questa solitudine sono costretti a parlarsi: s’illuminano così, violentemente, episodi del loro passato. Primo fra tutti il suicidio del padre, avvenuto anni prima, sotto il loro occhi, su quello stesso sentiero. «Un testo – spiega il regista Simone Schinocca – che rivela la solitudine dei mondi in cui spesso ci si ritrova a vivere. Personaggi e ruoli – prosegue – che diventano gabbie, routine, da cui risulta impossibile distaccarsi, trovare spazi di dialogo. Una metafora dell’inconciliabilità di mondi nati e predestinati per essere vicini e che in verità si rivelano tragicamente sconosciuti. Unica occasione di fuga, il ritrovarsi in un non luogo, far cadere le proprie difese e i propri schemi, ritrovarsi a nudo dalle proprie maschere».

Michel Marc Bouchard è uno fra i più noti autori contemporanei canadesi: nato nel 1958 ha iniziato la propria attività di scrittore negli anni Ottanta, imponendosi all’attenzione della critica e del pubblico con lavori incisivi nei contenuti e forti nello stile espressivo. Vincitore del premio “Dora Award” per la migliore opera teatrale e del “Floyd S. Chalmers Canadian Play Award” come miglior drammaturgo canadese, è molto amato anche in Italia, tanto che il giornalista Franco Quadri sulle colonne de “La Repubblica” ha parlato di lui come di “un autore che sfugge a ogni definizione, scrivendo testi arrabbiati, realistici e metaforici su storie locali col dono dell’universalità”.

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