venerdì, Novembre 15, 2024
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“Io e Sanremo”: analisi e commento della terza serata del Festival

Arriva puntuale la nuova analisi, fatta dalla nostra lettrice Giulia Scirè, della terza serata del Festival di Sanremo.

Terza serata

Inizio scoppiettante questa sera. Patriottico. Per gli inglesi però.
Ma si può iniziare la serata del Festival della canzone italiana cantando “Viva l’Inghilterra/ ma perché non sono nato là?”?
Ma chi le pensa queste cose? Chi?
E non contento, Baglioni, introduce la serata con il tipico discorso di mia nonna che, tra un sospiro e un altro, mi dice “e anche oggi siamo qui..siamo vivi”.
Allegria!

Finalmente alla terza serata, i conduttori si sciolgono e ognuno fa il proprio mestiere. Finalmente.
Bisio conduce con la sua verve comica, molto carino il regolamento mimato.
Virginia Raffaele spazia tra un numero e un altro con il talento di cui è dotata.
La trovata geniale del grammofono è stato divertente e di qualità. E un applauso enorme alla bravura dell’orchestra!
Meno riuscito lo sketch della canzone di Endrigo. Ma finalmente sono disinvolti e padroni del palco.

ANTONELLO VENDITTI. Ma quando il pubblico in teatro, il pubblico a casa, la sala stampa canta divertito, cosa si può dire? Nulla. Solo applausi.

ALESSANDRA AMOROSO. Scendere le scale di Sanremo da super ospite senza aver mai preso parte alla gara, in pochi possono dire di averlo fatto. E se Antonello Venditti ha dalla sua gli anni di carriera, Alessandra Amoroso è arrivata a destinazione senza passare dal via.
Il suo sospiro di sollievo alla fine della sua esibizione e le sue lacrime di gioia, hanno reso ancora più emozionante la sua presenza.

ORNELLA VANONI. Solo lei può interrompere tutti, non rispettare alcuna tempistica, rimproverare la conduttrice, cantare come se fosse sotto la doccia, salutare Patty Pravo come se l’avesse incontrata per strada e sottolineare di non aver percepito alcun compenso. Solo lei.

RAF E TOZZI. Momento revival. Abbiamo cantato tutti. Come ad una serata anni 90, o una puntata de “I migliori anni”. A voi la scelta.

SERENA ROSSI. Dovrebbe presentarlo il Festival. Ha le carte in regola per farlo. È un peccato che sia salita sul palco così tardi. Tributo a Mia Martini da pelle d’oca.

ROVAZZI. Non riesco a comprendere il senso della carrellata di ospiti a caso, dopo le esibizioni dei cantanti in gara. È così necessario allungare i tempi?! Evidentemente c’è una clausola che vieta di chiudere le puntate prima dell’ una di notte.
Tornando a Rovazzi, se l’è cavata più che bene. Simpatico. Al posto giusto. E commovente il ricordo al papà.

Mahmood. Questo tizio dovrebbe rappresentare le nuove proposte. Ma come fa a rappresentare il nuovo uno che è la fusione di cantanti e di brani già sentiti? Il ritornello, tra le altre cose, è una copia del brano di Tiziano Ferro “Baciano le donne”.

Enrico Nigiotti. La semplicità, la verità e la delicatezza di questa canzone mi commuove. Durante l’esibizione è come se fossi anche io nipote del nonno singolare, bizzarro e allegro che condivide con il nipote quelle azioni quotidiane che, troppo spesso, diamo per scontato.

Anna Tatangelo. Canta bene, intonata e precisa. Ma emozione zero. Come la canzone.

Ultimo. Una voce potente. La canzone è raffinata ed emozionante. Ha un nero dentro e un dolore che si percepisce nettamente, nota dopo nota. Mi piace.

Francesco Renga. Meritava un secondo ascolto, sicuramente. Certo, l’impressione è quella di ascoltare una delle sue canzoni degli ultimi anni. Ma non la butterei via.

Irama. È un testo forte e duro. Caricato ancora di più dal crescendo della musica e dall’impatto del coro.

Patty Pravo e Briga. Lei dimentica le parole. Fatica a tenere il tempo e l’intonazione. Si appoggia su di lui che riesce a reggere, ma non basta.
La canzone si lascia ascoltare, la struttura della canzone è ben fatta e la loro diversità funziona.

Simone Cristicchi. Questa canzone, questa poesia in musica, andrebbe ascoltata ogni giorno. Tutti i giorni.
È quello che dovremmo dire alla persona che amiamo ed è quello che dovremmo sentirci dire. Standing ovation.

Boomdabash. Un po’ di leggerezza e movimento. Ne avevamo bisogno. Le inquadrature sulle vecchiette delle prime file che alzano le mani fa sembrare una lezione di ginnastica dolce però.

Motta. Continua a non convincermi lui ne tantomeno la sua canzone. Uno scimmiottamento di altri.

The Zen Circus. Devo dire, con mia sorpresa, che al di là delle vocali aperte e trascinate che mi fanno ridere, non è poi così male. Non capisco però se è solo l’effetto stanchezza.

Nino D’Angelo e Livio Cori. Cantano meglio, meno ingessati. Ma non funzionano insieme. E non funziona la canzone. Un grande punto interrogativo.

E finalmente siamo arrivati alla fine della terza serata. Ora capisco il discorso di apertura di Baglioni. Siamo qui e siamo vivi.

Giulia Scirè

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