Se non fosse stato ucciso a soli 11 anni oggi sarebbe un uomo di 44 anni, un uomo ancora nel pieno della sua vita. Il piccolo Claudio Domino era nato l’8 gennaio del 1975 e venne ucciso da un killer di cosa nostra una sera d’inizio autunno a Palermo, precisamente la sera del 7 ottobre del 1986. Era una serata mite. Il piccolo claudio stava passeggiando in una via del quartiere palermitano San Lorenzo ignaro del suo destino. Il killer arrivò a bordo di una moto, una Kawasaki, e lo chiamò per nome. Claudio si avvicinò con l’impeto e la curiosità dei bambini e il killer gli sparò in mezzo agli occhi con una 7,65.
Una storia terribile, torbida, dai connotati ancora foschi. In quel periodo, a Palermo, si stava svolgendo il maxiprocesso nell’aula bunker del tribunale e alla sbarra vi erano nomi altisonanti. Vennero fatte alcune ipotesi sul movente del terribile omicidio. Si scavò nella vita privata della famiglia del piccolo. La madre aveva una cartoleria in via Fattori e il padre, operaio della SIP, l’azienda telefonica aveva messo su 2 ditte dedite alla pulizia di locali. Una di queste, in particolar modo, si era aggiudicata l’appalto della pulizia dell’aula bunker del tribunale di Palermo. E proprio questa circostanza venne presa in considerazione dagli investigatori ma non fu l’unica. Si pensò ad una ritorsione nei confronti del pare che forse si era rifiutato di obbedire a qualche ordine impartito dalla mafia ma Giovanni Bontade, processato al maxiprocesso in quel periodo, lesse un comunicato a nome di tutti i detenuti della sua cella nella quale dichiarava l’estraneità all’omicidio del bambino. Bontade lo definì un “gesto barbaro”. Si pensò allora che il piccolo fosse stato l’involontario testimone,
negli ultimi giorni dell’ agosto ‘ 86, del rapimento di Sergio Di Fiore e Paolo Salerno, due trafficanti della Piana dei Colli, vittime di lupara bianca. Secondo il pentito di mafia Giovanbattista Ferrante, il piccolo invece sarebbe stato ucciso perchè involontario testimone dello spaccio di droga fra due malviventi. Lo stesso Ferrante si attribuì l’omicidio del presunto killer del bambino ovvero Salvatore Gabriele Graffagnino. L’omicidio di Graffagnino venne commissionato e ordinato da Giovanni Brusca. Nel quartiere San Lorenzo, in quegli anni era in corso una guerra per aggiudicarsi lo spaccio di droga. Tante ipotesi ma nessuna certezza. Di certo c’è l’omicidio sconvolgente di un bambino finito per caso in una situazione molto più grande di lui.