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Amministrative 2018. Tranchida: «i problemi non hanno colore politico, mi candido a Trapani per risolverli»

Giacomo Tranchida, politico di razza, di comprovata esperienza come si dice in questi casi, si candida a Trapani, concorre cioè per la poltrona di primo cittadino alle amministrative di domenica 10 giugno. Tranchida, attualmente presidente del Consiglio Comunale di Erice, vanta un curriculum di tutto rispetto. Già noto per i buoni risultati ottenuti alle amministrative di Valderice nel 1994, quando sfiorò l’elezione direttamente al 1° turno con il 46,18 % dei consensi per essere poi eletto, 15 giorni dopo, al ballottaggio, con il 62,28 % del consenso popolare. Nel 1998, torna alla carica sostenuto dallo schieramento di centro sinistra e viene eletto Sindaco al 1° turno con il 73,05 % dei voti, con una maggioranza quasi bulgara dunque.

Stesso successo, qualche anno dopo nella fascinosa Erice, dove lo stesso Tranchida ha governato per ben 10 anni, ovvero per ben due mandati, dal 2007 al 2012 e quindi fino al 2017. Eletto come primo mandato nel 2007 a secondo turno, ha reiterato nel 2012, dove è stato eletto a furor di popolo, ovvero con oltre il 63% di suffragi. In entrambi i casi, si era presentato con più liste civiche di centro sinistra riconducibili al movimento “Per Erice che vogliamo” oltre che con il sostegno del PD locale. Stavolta, senza marchio “di sinistra” senza simbolo, le cose sono un pò diverse.

A sostenere il pragmatico Giacomo Tranchida ci saranno molte liste e molti politici di idee e di schieramenti anche distanti fra loro. C’è L’UDC che sta al governo regionale, Mimmo Turano in testa, ma ci sta anche il PD che è all’opposizione. Ma per le amministrative (lo abbiamo già imparato) questi sono dettagli facilmente superabili, perché, come dicono gli elettori di buona volontà, non conta il colore politico ma l'”uomo”, ovvero l’amministratore  capace di dare risposte ai (tantissimi!) problemi della città. Abbiamo chiesto a Tranchida quali sono i suoi progetti e cosa propone agli elettori che domenica 10 giugno andranno a votare. Tranchida ,dunque appare, oggi, come un grande catalizzatore di sostegno oltre che di speranze.

Tranchida, lei è appoggiato, nella sua candidatura di sindaco per Trapani, da elementi trasversali, come si suol dire. Da Mimmo Turano, alla sinistra dura e pura, dal forzista Guaiana ad alcuni adepti del movimento Diventerà bellissima. Ci vuol spiegare perchè?

«Se parlassi in politichese, ma non sarebbe elegante, potrei risponderle che forse sarebbe il caso di chiederlo a loro, ai miei sostenitori. Io ho invece l’impressione che ci sia bisogno di mettere da parte, e ora più che mai, le bandiere perché la città sta sprofondando in mezzo ai problemi. É questo il momento di togliersi le magliette di schieramento personale ed indossare quella della città, di unire le forze. Credo che abbiano apprezzato la mia volontà di metterci la faccia, al netto del patto etico insomma. credo che si sia creata una dimensione che in maniera trasversale è presente già nella città. Se fai un sondaggio adesso, a Trapani, emergerà la rabbia delle persone stanche ed umiliate che cercano la soluzione anche dei più banali problemi quotidiani perchè è difficile barcamenarsi anche nella più elementare, ordinaria, “normalità”».

Quali sono i problemi più urgenti?

«Trapani è un immondezzaio. Il centro storico e la zona del porto piena di turisti, (sempre meno in verità per via dell’aeroporto) affogano nella spazzatura, stessa cosa vale per le periferie e i quartieri popolari, non funziona quasi nulla e c’è bisogno dunque di coesione, di forza, di fare fronte comune insomma».

Crede che aver amministrato bene Erice possa rappresentare per lei un punto di vantaggio?

«Dicono che ho lavorato bene. E mi apprezzano per questo. Molti uomini e molte donne ci hanno manifestato il loro sostegno e molti giovanissimi. Io ho una lista fatta solo “da e con” giovani. Sono quelli meno attrezzati, con poca esperienza, capaci di usare strumenti tecnologici molto avanzati ma non del tutto “utili” ai fini del consenso, eppure sono una vera forza. Queste sono le cose belle della campagna elettorale. É la prima volta che accade nella storia delle liste».

Come si chiama questa lista?

«Tranchida il sindaco per Trapani, si chiama così. Ed è una delle sette in campo che appoggiano me».

Trapani, commissariata da quasi un anno, ha “tirato a campare” per così dire. Ha funzionato solo come macchina amministrativa e senza prendere provvedimenti significativi. É d’accordo?

«Non sono d’accordo. Ho scritto una lettera durissima a Messineo nella quale sostanzialmente dico: tu sei un commissario straordinario e va bene ma non puoi essere il commissario liquidatore della dignità di una città, del suo decoro urbano, della sua pulizia. Messineo ha i poteri e il dovere di utilizzare anche gli strumenti particolari che utilizzano tutti i sindaci per evitare problemi igienico-sanitari. Peraltro è stato magistrato e sa quello che bisogna fare e lo deve fare. Se non è motivato che vada a fare il pensionato. Non manco di rispetto a lui così come lui non deve mancare di rispetto alla città».

Secondo lei, i problemi che sta avendo in questi ultimi tempi l’aeroporto di Birgi sono riconducibili al mancato comarketing, ovvero alla scelta di Messineo di non aderire al contributo?

«La sua responsabilità c’è. Doveva trovare una soluzione rispetto al problema, è questo quello che fa un amministratore, cioè studiare le carte. Il comarketing non è illegale. Il sostegno agli aeroporti fino a 3 milioni di passeggeri è previsto da una direttiva europea che avalla il sostegno per gli aeroporti cosiddetti minori. E questo vale per Trapani, Palermo, la Sicilia tutta, il resto d’Italia e l’Europa. Messineo, sbagliando, non ha stanziato il becco di un quattrino. Mi dica ora lei, ma se non mette soldi la città capoluogo vicina e direttamente interessata all’aeroporto, chi deve farlo? Trapani ha goduto di quasi il 65% della ricchezza indotta dall’aeroporto. Penso a tutti i B&B, ai ristoranti, alle enoteche nati a seguito del boom dei turisti in provincia di Trapani. Anche Castelvetrano che ha preso le distanze dal comarketing adducendo la sua posizione geografica rispetto a Birgi, in realtà ha bisogno di questo aeroporto. Ha strutture ricettive balneari a Triscina e Selinunte per non parlare dei migranti campobellesi che tornano in estate a Tre Fontane. Io mi auguro che la regione si dia una mossa per dare questo benedetto ok al bando che sarà riscritto, riformulato dal nuovo CdA di Airgest e che si possa finalmente ripartire in tutti i sensi a cominciare dalla gara. L’estate ormai è assolutamente compromessa».

Quale potrebbe essere una buona strada da perseguire per tutelare gli interessi e dunque la sopravvivenza di Birgi? 

«Una buona strategia da mettere in campo sarebbe senza dubbio fare fronte comune con Palermo. Non è il caso di farsi la guerra nè di fare il giochino della compagnia low cost che viene a ricattare Trapani per garantire i voli minacciando di andarsene ogni momento. Mi fa piacere che il governo regionale per bocca del presidente Musumeci abbia detto che vuole fare un’Autorità Regionale unica. Questo garantirà uno stop ai ricatti appunto. Questo eviterà di essere succubi dei capricci delle compagnie aeree che hanno scambiato i piccoli aeroporti per un bancomat. Avere a che fare con una governance che abbia una visione di strategia del territorio ci tornerà utile. Grazie alla sinergia con Palermo si potranno abbattere i costi».

Dunque via libera alla collaborazione fra i due aeroporti?

«Le dirò di più. Si potrà vendere Palermo su Trapani e viceversa e puntare sulla promozione del territorio in stretta sinergia,ovvero fare marketing territoriale nei Paesi da cui provengono i turisti sia sulla tratta di Punta Raisi che su quella del “Vincenzo Florio“. Si creerebbe attenzione e dunque domanda cosa che riempirebbe gli aerei. Sarebbero le compagnie aeree a quel punto ad esserci grati e non viceversa. Nell’estate del 2016, da sindaco di Erice, (durante le riunioni dell’Area Vasta della Sicilia Occidentale finalizzate a fornire idee innovative e condivise nel’ambito del Piano Regionale dei trasporti ndr) ho incontrato Peppe Pagoto, sindaco delle Egadi e presidente del Distretto Turistico nello studio di Leoluca Orlando, a Palermo. Orlando è un sostenitore acceso di questa sinergia. Il fatto è che non si paga solo il comarketing. Se i vettori sono pochissimi, se si contano sulle dita di una mano, su Trapani basta un dito soltanto tanto per capirci, si capisce perchè i nostri operatori debbano pagare anche il booking* che ammonta ad un altro 15-18%. Questo può valere nelle grandi città metropolitane dove ci sono centinaia di tratte e allora è comprensibile che gli albergatori paghino una percentuale al booking che gli portano le persone nelle loro strutture. Con un’asse strategico, organizzativo e gestionale, si recupera anche questo famoso 15% che alimenta compagnie internazionali di prenotazioni, cifra che potrebbe essere utilizzata nel comarketing a sostegno dei voli low cost».

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Da soli dunque non si va da nessuna parte?

«Trapani, da sola, non può salvare l’aeroporto così come Palermo, anche se è una città metropolitana, rischia di farsi fregare da un aeroporto che dista appena 80 km. Se si fa sistema è diverso. Credo che torni utile ad entrambi. Non appena si risolveranno i conflitti che ci sono dall’altra sponda del Mediterraneo, cosa che mi auguro, mi spiegate perchè i turisti dovrebbero preferire noi? Perchè dovrebbero preferire le spiagge della Sicilia rispetto ad altre più economiche? O acceleriamo noi creando mercato ed appeal oppure vedremo passare gli aerei sulle nostre teste».

Xitta, Misiliscemi, Fontanasalsa, Guarrato, Rilievo, Locogrande, Marausa, Salinagrande, Palma e Pietretagliate vogliono staccarsi da Trapani. Cosa ne pensa del referendum del prossimo 27 maggio in cui si deciderà o meno questo distacco?

«Rispetto questa loro decisione e il loro bisogno di autonomia.Rispetto l’autodeterminazione e la volontà popolare, in questo caso anche di queste piccole comunità.Io stesso sono nato a Valderice, uno dei 5 comuni che nel tempo si è staccato da Erice. Allora fu un fatto quasi inevitabile perchè subivamo le scelte di una classe padronale che lasciava le periferie di valle abbandonate a loro stesse senza parlare poi di un clero potentissimo che definirlo stravagante è il più grande sconto che io possa fare. Indirettamente questa cosa sta accadendo, a distanza di 60 anni quasi, alle frazioni agricole di Trapani. Si è pensato solo a “lustrare le balate” del centro storico lasciando i quartieri popolari al loro abbandono e lasciando al loro destino le frazioni agricole che rappresentano una notevole ricchezza per il comune. La maggior parte delle aziende e dei giovani che hanno deciso, seppur con tanto di laurea in tasca, di restare qui, a zappare la terra, investendo forza, tempo e denaro, rappresentano la parte di eccellenza del nostro territorio e si trovano proprio in quelle frazioni. Sono arrabbiati, ed hanno ragione. Dalle parti di Atene, questa la chiamano democrazia».

Se fosse eletto sindaco di Trapani, cosa farebbe per sancire questa “fuga”?

«Sarei garante nella fase legislativa per i prossimi due o tre anni che occorrono per regolarizzare il tutto e diventare finalmente un Comune autonomo. Tra l’altro Misiliscemi resterebbe il comune a cui Trapani comunque farebbe riferimento. Sappiamo bene, lo ricordiamo, cosa prometteva qualche anno fa, la Destra, non potendo più proporre al popolo panem et circenses, proponeva l’idea di grande città, un’idea feudale, orizzontale della città, ma le città diventano grandi se si qualificano i servizi».

Ci parli dei suoi progetti per Trapani, Tranchida

«Trapani è una falce, non divide secondo me due mari ma è semmai il ponte che li unisce. Io dico che sia necessario puntare sulla valorizzazione di Trapani che è capitale di cultura nel Mediterraneo. Non dovremmo esportare soltanto cannoli intinti di mafia ma cultura, quella chicca di unicità che affascina i turisti e i visitatori. Penso alle eccellenze dell’agroalimentare di cui è necessario controllare la filiera per garantire la qualità. É necessario evitare che questi magnifici prodotti diventino prodotti da banco. Non lo dico per fare il Salvini del sud, è per garantire l’eccellenza. Se fai gustare la cultura con i sapori oltre che con i saperi, Trapani si rimette in carreggiata. Non si tratta di cose complicate ma cose su cui bisognerà fare marketing per farle conoscere al mondo. Al turista occorrerà raccontare come è fatto il cous cous, la sua sedimentazione di semole, la sua tradizione nei secoli, ma sarà anche necessario raccontargli la Storia e i mestieri che lo hanno accompagnato nel tempo. A questo va aggiunta l’attenzione al porto.Sono consapevole che si innescherà una guerra a livello regionale su questo problema ma è necessario lottare per evitare di essere schiacciati dalla concorrenza del porto di Palermo. Lotteremo per la detassazione altrimenti non si può essere o restare nel mercato. Marchio Trapani: Turismo, Archeologia, Storia, Ambiente, Paesaggio, Saperi e Sapori, che altro?»

Tiziana Sferruggia

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