Solidarietà senza fine per i detenuti di cosa nostra e per le loro famiglie. Questo è quanto emerso dalle indagini scaturite dall'”operazione montagna” il blitz che è scattato ieri e che ha decapitato la cosca mafiosa dell’agrigentino, composta da sedici “famiglie”. Nell’inchiesta è rimasto coinvolto anche il sindaco di San Biagio Platani, Santo Sabella, accusato di concordare le liste elettorali con i boss della mafia.
Le indagini erano partite nel 2013 con il ritorno in libertà di Francesco Fragapane, figlio dello storico esponente mafioso della provincia Agrigentina. Colpi durissimi sono stati inferti ai mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca, Raffadali, Aragona, Sant’Angelo Muxaro e San Biagio Platani, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini. Dalle indagini condotte dai carabinieri di Agrigento e dalla DDA, è emerso che i proventi derivanti dallo spaccio della cocaina, dell’hashish e della marijuana servivano a mantenere i detenuti e le famiglie rimaste “fuori”. È emerso anche il ruolo di Giuseppe Quaranta, 50 anni, di Favara, presunto boss e rappresentante pro tempore della famiglia mafiosa di Santa Elisabetta, che, secondo la DDA, avrebbe provveduto ad acquistare la droga attingendo da canali calabresi oltre che da Comiso e San Cataldo.