sabato, Novembre 16, 2024
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È morto il “capo dei capi”

Si è spento all’età di 87 anni Totò Riina, al secolo Salvatore, indicato da tutti e da sempre, come il capo dei capi, il padrino indiscusso di cosa nostra. Proprio ieri aveva compiuto gli anni ed è morto stanotte alle ore 3.37. Malato da tempo, detenuto al 41 bis per gravissimi reati di mafia, era ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale di parma. Era stato operato per ben due volte ma dopo l’ultimo intervento chirurgico era entrato in coma.

A luglio, il tribunale si Sorveglianza di Bologna aveva rigettato la richiesta dei legali che ne avevano chiesto la scarcerazione per motivi di salute. Il ministro della giustizia, Andrea orlando, proprio ieri, aveva concesso ai familiari un ultimo incontro. Lunga la lista dei reati mafiosi attribuiti al boss di Corleone che, in una lunghissima carriera di boss ha commesso. Accusato di essere il responsabile di decine di omicidi per prendere il potere e favorire la scalata dei corleoneosi ai vertici di cosa nostra, era ritenuto l’autore delle stragi di Capaci in cui persero la vita il giudice Falcone, la moglie, Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinari, nonché della strage di via D’Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e 5 agenti dell scorta, Walter Eddi Cosina, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e claudio Traina. Arrestato il 15 gennaio del ’93, a palermo, in via Leonardo da Vinci, stava scontando 26 condanne all’ergastolo e nonn aveva mai fatto cenno ad alcun pentimento. Autore della cosiddetta “stagione stragista” aveva detto recentemente alla moglie che era andata a trovarlo in carcere “sono sempre Totò Riina, farei anche 3000 anni di carcere”.

Si vantava anche dell’omicidio del generale dalla Chiesa: «Quando ho sentito alla televisione, promosso nuovo prefetto di Palermo, distrugge la mafia… prepariamoci gli ho detto, mettiamo tutti i ferramenti a posto, il benvenuto gli dobbiamo dare». E così ne aveva ordinato la morte dopo appena 100 giorni di insediamento di Dalla Chiesa a prefetto di Palermo. Riina è stato il mandante di “delitti eccellenti” ed era sicuro, come evince da una intercettazione di essere “«diventato una cosa immensa, sono diventato un re, – se mi dicevano un giorno che dovevo arrivare a comandare la storia… sono stato importante»

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