Menandro non si smentisce e ci propone personaggi vivi e mai stereotipati, malinconici eppur divertenti, uomini e donne che incarnano vizi e virtù che non hanno tempo, che anzi, come sempre accade nei testi greci, quel tempo lo superano, lo dominano, lo subiscono e che spesso anzi lo fanno diventare oggetto di irrisione bonaria. Il “Dyskols”messo in scena a Segesta il 18, il 19 e il 20 agosto è un classico. C’è il servo, un bonario, sagace, irresistibile Tuccio Musumeci, che nel ruolo di Pirria, dice tutto quello che serve ad un fumoso padrone ricco e vanesio, innamorato e sognante, un signorino di città che si innamora di una fanciulla, Criside, bella quanto smaliziata, tenace nel volere scoprire il maschio, il sesso, la differenza che intercorre anzi fra le “due metà”. E si ride tantissimo, sapientemente condotti dalle battute sarcastiche e veementi di tutti i personaggi, Musumeci in primis. Ci son tutti gli ingredienti della commedia greca classica, l’amore contrastato dei due giovani, la serva “mangiatrice di mariti”, il padre misantropo e geloso e poi una medium capace di parlare direttamente con gli dei, con le divinità che gestiscono il destino degli uomini e che sono però disinteressati al dolore, alle tribolazioni, al chiedere incessante dei miseri mortali che a loro si rivolgono per chiedere spiegazioni, lumi sulla loro fugace e mutevole sorte. Il filo conduttore dunque è l’amore ma sopratutto l’ironia sulla instabile vita degli uomini che cercano, come sempre, oracoli, responsi divini, certezze in una vita che certezze non ha, una ricerca della fissità in una realtà che muta continuamente. Un cast eccezionale composto dall’attore Tuccio Musumeci, Miko Magistro, Margherita Mignemi, Debora Bernardi, Salvo Piro, Plinio Milazzo, Maria Rita Sgarlato, Antonio Castro ed Enrico Manna, mirabilmente diretto da Romano Berardi ha divertito e fatto riflettere. La scelta finale della felice, quasi inevitabile, convivenza fra il servo Pirria e il padre della ragazza è un potente messaggio non omofobo, di rispetto trasversale che non destabilizza, che anzi, con levità trasmette un sentimento universale di convivenza fra gli uomini. Nell’illogicità dell’amore, vince una razionale ricerca di uguaglianza fra gli uomini che sono accomunati dal dolore cosmico che non ha tempo appunto. La Tyche, il Caso, divinità affascinate, governatore del mondo e degli uomini è anche il vero protagonista dei testi di Menandro e che anche nell’adattamento del testo conserva quella temuta e referenziale inafferrabile distanza.
Le Dionisiache 2017 continuano ad incantare il pubblico di ogni età. Presenti anche molti bambini che con attenzione e divertimento assistono ad un teatro che supera i secoli con abile maestria.
foto di Peppino Briuccia