Enzo Lavarra, ex europarlamentare e giornalista, presidente del Parco delle Dune Costiere (Puglia) e membro del Direttivo nazionale di Federparchi, ha fatto visita all’Area Marina Protetta delle Egadi incontrando il Direttore e lo staff dell’AMP. Al centro della visita il tema strategico della rapporto fra tutela dell’ecosistema marino e attività di pesca.
“Il patrimonio di biodiversità di una delle aree marine protette più grandi di Europa – dichiara Lavarra – vive un momento di particolare valorizzazione. Una delle prove più significative è l’attivazione del centro di recupero delle tartarughe, che promette di diventare riferimento centrale di tutta la Sicilia. Ma anche l’Osservatorio Foca monaca a Marettimo, avvistata qui e che nuove sensibili ed evolute tecnologie segnalano come destinata alla riproduzione di una specie protetta che conta solo 400 esemplari in tutto il mondo. Favignana, Marettimo, Levanzo e Formica, ciascuna con le sue gemme, rappresentano sfida positiva e da incoraggiare in una logica di sistema equilibrato e di rete.” “Sono particolarmente colpito – prosegue – dalla esperienza della AMP delle Egadi e mi sono complimentato col Direttore. Si può immaginare di individuare quest’area come uno dei centri pilota di un grande programma di sperimentazione e sostegno della pesca sostenibile che, come Federparchi, stiamo elaborando in relazione diretta con i Ministeri Ambiente e Agricoltura, con Associazioni ambientali e economiche, e che, col Convegno nazionale a Roma del 24 maggio, ha posto le basi per una strategia comune incentrata sulla sostenibilità come criterio di tutela delle risolse naturali e potenzialità di sviluppo economico. Del resto, la missione di conservare e rinnovare la risorse naturali è strettamente legata ad attività permanenti e i pescatori sono certamente fattore primario insostituibile. La trasmissione del sapere e l’innovazione possono fare di una nuova generazione, presente e molto motivata che ho riscontrato qui nelle Egadi, il fulcro di una nuova prospettiva, in alternativa all’abbandono e alla fuga, che sarebbero esiziali per un patrimonio inestimabile”.
Lavarra ha quindi visitato, a Favignana, anche l’ex stabilimento conserviero della Tonnara dei Florio, che rimane “una delle testimonianze più significative di archeologia industriale e di un pezzo di Storia della industria italiana”.
Nei giorni successivi Lavarra ha raggiunto, a Marettimo, un altro gioiello dell’Isola: il Castello di Punta Troia, ove l’AMP l’Osservatorio della Foca Monaca.
“Lo staff dell’AMP – racconta Lavarra – si distribuisce sin dalle prime ore del mattino fra ufficio informazione, vigilanza in mare in gommone e visite guidate all’Osservatorio. Qui, al Castello, vive in modo esemplare il connubio fra storia e natura. Natura selvaggia e impervia con il Pizzo Falcone, 686 mt sul livello del mare; vi albergano 7 coppie di Falco Pellegrino. Si raggiunge dal paese attraverso un sentiero che a tratti è a strapiombo e sdrucciolevole; ciò non impedisce a frotte di camminatori in scarpe da trekking e zaino in spalla di avventurarvisi. La meta ripaga. Si entra nella storia. Dirimpetto al monte si erge il Castello, restaurato nel 2010 e oggi aperto al pubblico, sempre più numeroso. Torre Saracena nell’800, divenne Castello coi Normanni e ampliato da Federico II che vi cacciava il falcone. Quindi fu presidio e guarnigione spagnola. Fu prigione efferata coi Borboni, le cui condizioni furono descritte da Guglielmo Pepe nelle sue memorie. Sul Torrino più alto visitiamo l’Osservatorio. La giovane guida marettimara ci racconta della foca monaca e della “pace” che l’AMP ha di recente promosso coi pescatori, dopo secoli di ostilità (la foca rompeva le loro reti, generando reazioni incontrollate).”
“Ora – prosegue Lavarra – i pescatori di Marettimo, col progetto “Vedette del Mare”, segnalano all’AMP la presenza della foca o i danni subiti alle reti, e vengono compensati. Loro stessi sono fra i più tenaci nel contribuire alla tutela della specie; vi hanno dedicato una scultura sul porto.”
“In questa tornata – conclude Enzo Lavarra – ci è mancato di visitare l’isoletta di Levanzo. Ove, fra le meraviglie della natura, vi sono i segni dell’uomo preistorico. Nella Grotta del Genovese furono scoperti in due momenti diversi (1881-1949) graffiti del paleolitico; figure antropomorfe e di specie animali che gli studiosi considerano di grande rilevanza. Una ragione in più per tornare alle Egadi, nel quadro del progetto nazionale di Federparchi e dei Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente, su pesca e turismo sostenibile, a cui stiamo lavorando.”