Marianna Manduca aveva denunciato più volte il marito violento che aveva promesso di ammazzarla. Le aveva persino mostrato più volte il coltello con cui avrebbe dato seguito alle terribili minacce ma nessuno lo ha fermato. Marianna Manduca, uccisa la sera del 3 ottobre 2007, è l’ennesima vittima del femminicidio che ogni anno in Italia raggiunge numeri strabilianti. Si calcola, ma la cifra è per difetto, che in Italia almeno 100 donne vengano uccise dal compagno, dal marito, dall’ex fidanzato, da uomini insomma con cui hanno intrattenuto una relazione sentimentale. Nel 2016 se ne sono contate 120. E dal primo gennaio 2017 a oggi sarebbero almeno oltre 20 le donne uccise per mano maschile: una media di una vittima ogni tre giorni. Negli ultimi dieci anni le donne uccise in Italia sono state 1.740, di cui 1.251 (il 71,9%) in famiglia. Spesso sono “cronache di una morte annunciata”, dato che le vittime spesso hanno trovato la forza di denunciare l’uomo violento e che poi sono state lasciate sole, in balia della vendetta tante volte promessa dal maschio. La storia di Marianna Manduca si è consumata dieci anni fa quando, dopo aver denunciato per ben dodici volte Saverio Nolfo, l’ex marito manovale, venne uccisa a coltellate dallo stesso che poco prima, dopo l’ultima denuncia le aveva detto ” io con questo ti ucciderò” nonostante i tre figli maschi della coppia fossero stati affidati a lui. Quella sera d’ottobre del 2007, la Manduca era andata insieme al padre Salvatore ad accompagnare i bambini nella casa di Saverio Nolfo in via Trivio a Palagonia e non poteva immaginare che l’ex marito avesse premeditato di ucciderla con una dinamica folle che soltanto il rancore provato per lei poteva alimentare. Nolfo attese il passaggio dell’auto con a bordo la donna e l’ex suocero per speronarla frontalmente con la sua macchina, una Fiat Croma. L’impatto fu violento e la macchina della donna si fermò dando la possibilità all’uomo di entrare in azione. Fu a questo punto che Nolfo scese dall’auto con bastone e coltello per completare il suo intento. Salvatore Manduca nell’intento di fermarlo, rimase ferito ma l’azione violenta era rivolta principalmente verso l’ex moglie che nel frattempo avendo capito le intenzioni dell’uomo, era scappata. L’uomo la raggiunse dopo pochi metri e la colpì con numerosi fendenti. Marianna Manduca morì dissanguata e Nolfo andò a costituirsi portando con sé l’arma del delitto, quel coltello che più volte le aveva mostrato. E’ di ieri la sentenza del Tribunale civile di Messina che condanna la presidenza del consiglio dei ministri a risarcire con 300 mila euro i tre figli della vittima e applicando la norma sulla responsabilità civile nella sentenza sui due magistrati citati in giudizio che in quel tempo lavoravano nella Procura di Caltagirone, non avrebbero fatto quanto in loro potere per evitare il femminicidio in quanto la donna aveva presentato diverse denunce contro il marito che poi la uccise. “E’ una sentenza importante”, ha detto l’avvocato Licia D’Amico dello studio Galasso, legale di Carmelo Calì, cugino della vittima e padre adottivo dei tre bambini ora adolescenti, rimasti orfani della madre e col padre in galera. “Come prevede la legge sulla responsabilità dei magistrati è stata condannata la Presidenza del consiglio che potrà rivalersi sui magistrati”. Uno dei due magistrati è ormai in pensione, la collega invece lavora in un altro Tribunale. Il tribunale ha riconosciuto solo un danno patrimoniale.