“L’ANPI non può accettare che le nostre partigiane uccise dai fascisti siano poste accanto a due esponenti delle camicie nere volontarie, Arrigo Fazio e Stefano Billardello. E’ un’ingiustizia a cui mi ribello. Non puoi mettere insieme massacratore e massacrato. Sta nell’ordine naturale delle cose.” Pino Nilo presidente ANPI sezione Marsala non le manda certo a dire. Sta conducendo una battaglia, l’ ennesima, per portare alla luce nomi dei partigiani marsalesi e siciliani protagonisti della Resistenza. Le ricerche condotte all’ANPI di Marsala hanno avuto un importante epilogo nella pubblicazione del libro “marsalesi nella liberazione”. Questo ha fatto sì che si venisse a conoscenza di una realtà sconosciuta ai più ovvero che la Resistenza è stata fatta anche da uomini e donne marsalesi (oltre a molti altri siciliani) che hanno liberato l’Italia dal nazifascismo. Ma procediamo con ordine. L’anno scorso è stato indetto un concorso nazionale che ha promosso una campagna invito portata avanti dal Movimento Toponomastica Femminile, iniziativa a cui aderì l’assessorato Pari Opportunità del comune di Marsala. A quel concorso parteciparono diverse associazioni che candidarono molti nomi di personaggi femminili marsalesi che avevano compiuto importanti opere per la città o che si erano distinte in episodi significativi che avessero un carattere di importanza rilevante e popolare. Fra le candidate ricordiamo una scrittrice poetessa, un’ostetrica, la regina Amalafrida, le donne della famiglia Maltese morte a New York nel rogo della fabbrica delle magliette nel Marzo del 1905, triste episodio da cui partì il movimento di rivoluzione femminile, tutte figure importanti e degne di nota. In quella occasione vinse però l’ANPI che con le sue tre partigiane marsalesi, Maria Grazia Meningi il cui nome di battaglia era “signora Palmeri”, Francesca Alongi, nome di battaglia “Madame”, e Bice Cerè, ottenne di diritto l’ intestazione di una strada con targa annessa che ricordasse non soltanto i nomi ma anche l’importanza avuta durante la lotta di liberazione dal nazifascismo.
Al secondo posto si classificarono le donne della famiglia Maltese e terza si classificò (ma non per ordine di importanza) la poetessa Elisa trapani.
Fatto questo, la palla passò all’amministrazione comunale che doveva decidere quale strade intestare a queste straordinarie donne marsalesi. Dopo quasi un anno, si arrivò alla conclusione di quello che ha avuto tutto l’ardore e la sofferenza di un parto. L’amministrazione, in questo caso nella persona dell’assessore Anna Maria Angileri, decise di raggruppare tutti questi nomi femminili in un unico luogo ovvero la Villa Cavallotti e nello specifico di provvedere ad intestare loro i vialetti della villa in questione.
All’interno della villa però, oltre a qualche busto bronzeo che riproduce l’effigie di garibaldini e dello stesso Felice Cavallotti, importante esponente dell’Unità d’ Italia (data la natura prevalentemente rinascimentale del luogo), si trovano i busti dedicati a due fascisti del gruppo battaglione camicie nere volontari nella guerra coloniale d’occupazione della terra d’Africa.
Apriti cielo. La querelle inizia qui ed assume i toni drammatici ed incomprensibili di una vicenda dal sapore paradossale. Sarebbe come mettere assieme, in una improponibile accozzaglia, vittime e carnefici o detta in maniera più esplicita e colorita, il diavolo e l’acqua santa. Da qui le comprensibili rimostranze di Giuseppe Nilo presidente della sezione ANPI di Marsala che ha fatto sapere di non volere partecipare alla cerimonia di inaugurazione, al cosiddetto taglio del nastro che ufficializzerebbe l’intestazione dei vialetti e che si terrà il prossimo 8 Marzo, cerimonia alla quale l’amministrazione comunale non intende rinunciare e che ha già annunciato avverrà nei tempi e nei modi stabiliti. “Me le sogno di notte – dice commosso Nilo -, mi chiedono perché le ho costrette a morire due volte, la prima per mano dei fascisti e la seconda per mano di chi, insensibile alla incomprensibile scelta di collocarle accanto alle camicie nere che in Africa puntavano le armi contro chi era munito soltanto di scudi e frecce. Perchè non ci hai lasciate nell’oblio? Perchè ci vuoi sottoporre ad un’altra insopportabile umiliazione? Perchè non hai lasciato che ci dimenticassero piuttosto che essere collocate in un posto con i busti dei fascisti? Questo mi dicono e non trovo pace”.
“Nilo ha gli occhi lucidi e la voce strozzata nel raccontare la sua posizione di ricercatore di verità offuscata da una simile ed incomprensibile scelta”. Si è trattato dunque di un’occasione persa per l’amministrazione comunale di Marsala che ha scartato la possibilità di riordinare la memoria, di unire cioè i due moti di libertà, Risorgimento e Resistenza partendo ancora una volta da Marsala e senza equivoci nella lettura della realtà e verità storica.
A titolo informativo ricordiamo che l’attuale via Stefano Billardello si chiamava fino al 1946 via Abramo Lincoln che fu presidente degli Stati Uniti e promotore dell’abolizione della schiavitù dei neri e che la via Arrigo Fazio, si congiunge con la via Mario Gandolfo partigiano marsalese ucciso dai fascisti a Firenze. Corsi e ricorsi storici dunque, vittime e carnefici che si inseguono e che anche dopo la morte non riescono a trovare un giusto equilibrio. Nilo ha già annunciato una nuova battaglia. Non appena verranno poste le targhe a memoria delle partigiane all’interno della villa Cavallotti si impegnerà a farle togliere. O restano i partigiani o restano le camicie nere. Insieme mai.
—- L’A.N.P.I. Sezione di Marsala è profondamente dispiaciuta di comunicare che non sarà presente alla intitolazione di un luogo dedicato alle Partigiane Marsalesi. L’A.N.P.I. ritiene che il luogo scelto dall’Amministrazione comunale, pur di particolare interesse storico-risorgimentale e ottima disposizione per la collocazione della targa alle partigiane, rappresentanti il secondo risorgimento italiano, sia offensivo per la presenza di busti bronzei posti scelleratamente nel 1971, busti che ricordano due fascisti del gruppo battaglione camicie nere volontari nella guerra coloniale d’occupazione della terra d’Africa. L’A.N.P.I. non può accettare che le nostre Partigiane, uccise per mano fascista, stiano accanto o “minimamente lontano”, ai loro assassini. Si riordini la memoria. Che si uniscano veramente i due Moti di libertà: Risorgimento e Resistenza. Si evitino, partendo ancora una volta da Marsala, equivoci nella lettura della realtà e verità storica.
‘Rinascimentale’? Forse ‘risorgimentale’.